Salvare il mondo eliminando tonnellate di CO2 alla volta si può

Siamo abituati a pensare che l’unico modo per ridurre le percentuali di CO2 presenti nell’atmosfera sia di smettere di produrre CO2. Ed effettivamente, secondo i calcoli fatti in seguito alla COP21 sembrava proprio che per ottenere un tasso di aumento delle concentrazioni di questo gas, quello che più a lungo resta sospeso nell’atmosfera, che non superasse l’1,5% annuo si dovesse trovare il modo di giungere immediatamente ad un’economia non semplicemente a bassa carbonizzazione ma direttamente a percentuali di produzioni di CO2 praticamente inesistenti. Questa pare essere una mira irraggiungibile e per motivi puramente tecnologici e per ragioni squisitamente economiche legate per lo più ai Paesi in via di sviluppo e a quelli di nuova industrializzazione, ma non solo.
 
Questo stato dell’arte è stato recentemente sovvertito ed enfatizzato dalla prima e unica dichiarazione del colosso Bill Gates alla rivista tecnologica MIT Tech Review. Egli ha enunciato quelle che saranno le innovazioni tecnologiche che già durante l’anno corrente rivoluzioneranno il mondo. Fra queste? La possibilità di estrarre la CO2 direttamente dall’atmosfera e così eliminarla, le cosiddette “emissioni negative” o NET, in quantità più alte e tempistiche più rapide che tramite la sola riduzione della relativa produzione.
 
Naturalmente, queste nuove mire del progresso non sono esenti da dubbi, in particolare si parla dei costi elevati di talune di queste pratiche, dei rischi ambientali di alcuni processi chimici ventilati e, non ultimo, del rischio di spostare il focus dell’opinione pubblica e dei governi da un’economia verde e maggiormente sostenibile.
 
La rivista Focus, tuttavia, si è impegnata ad elencare 5 metodi, buone pratiche basate su senso comune e senso civico, a basso costo. Queste sono: la protezione degli ecosistemi costieri, utilissimi per l’immagazzinamento del cosiddetto carbonio blu, anidride carbonica trattenuta in queste zone paludose; la diffusione di piantagioni su larga scala in zone degradate di alberi particolarmente adatti all’assorbimento di CO2; la salvaguardia delle foreste, anche dedicando il legname alla fabbricazione di oggetti di lunga durata; l’utilizzo di buone pratiche agricole quali l’uso di cover crop e biocharbio-energy with carbon capture and storage) consiste nella coltura di piante ad alto assorbimento di anidride carbonica e nel bruciarle catturando la CO2 derivante dalla combustione in depositi geologici sotterranei a costo delle vaste porzioni di terreno che il metodo richiede (Focus, novembre 2018).
 
Sebbene i risultati di tali sistemi sarebbero da considerarsi un successo dal punto di vista del rapporto costi-benefici, sfortunatamente non sono abbastanza per farci invertire la rotta dello scorretto sfruttamento ambientale che portiamo avanti. Altri metodi, sempre riportati da Focus, sono attualmente in fase di studio ma considerati eccessivamente dispendiosi al momento. Questi sono: “la cattura diretta di CO2 con sostanze chimiche adatte allo scopo” e “la mineralizzazione del carbonio, con rocce che reagiscono alla CO2 catturandola nella roccia”.
 
Tuttavia, una soluzione fattibile ed economica, sembrerebbe essere la tecnologia DAC (Direct Air Capture), che tramite delle ventole assorbe l’aria e con un processo di Carbon Capture e Storage, prima separa e stabilizza l’anidride carbonica con una soluzione alcalina che la rende liquida, poi la incamera sottoterra andando a creare nuove riserve di combustibile fossile sintetico che non andrebbe quindi a costituire nuovi scarti inquinanti. Il tutto per costi inferiori ai 240 dollari per tonnellata di CO2 estratta (Focus, giugno 2018). Naturalmente anche questo metodo è ancora in fase sperimentale, ma gli esperti parlano di renderlo operativo già a partire dal 2021.       
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