Incontro del DIHV dedicato alle criptovalute

Il 29 marzo scorso si è svolto come consuetudine l’incontro dei componenti del Digital Innovation Hub virtuale, (il 49esimo) che ha avuto come ospite il dottor ingegner Michele Gallo, esperto in criptovalute, bitcoin e DeFI (Decentralized Finance).

Vi è stata una premessa da parte del dottor Francesco Albano, membro del Digital Innovation Hub virtuale che ha ritenuto opportuno chiosare sul concetto e definizione della moneta e citando JP Morgan in audizione di fronte al congresso americano nel 1912: “la moneta è oro; il resto è credito”. Definendo altresì la moneta Fiat quale “moneta fiduciaria” senza alcun riscontro con alcuna materia prima, oro incluso, ma supportata solo dalla credibilità di chi la emette a debito.

Dopo una breve presentazione dell’ospite ingegner Michele Gallo, quale dirigente Nexi con responsabilità per i Data Center europei della medesima, si è entrati in argomento con l’introduzione del binomio blockchain, quale tecnologia sottesa, e Bitcoin, quale prima criptovaluta inventata e messa in circolazione.

Tale tecnologia cerca di disintermediare le banche per i trasferimenti online e al contempo sposta il diritto di signoraggio dalle banche centrali, oggi uniche detentrici insieme alle banche attraverso la riserva frazionaria, ai “miners” di bitcoin, i quali attraverso l’algoritmo di criptografia proprietario di bitcoin e l’utilizzo di server possono “produrre” nuova valuta bitcoin.

Se è vero, come è vero, che bitcoin è stata spesso nominata a proposito di traffici illegali online, è altrettanto vero che si tratta di uno strumento in mano di criminali ma che non va a toccare il valore intrinseco dello strumento di pagamento che, come qualsiasi altro strumento nelle mani di persone poco pulite, può essere usato per scopi non legittimi.

La prima criptovaluta è stata il Bitcoin: sviluppata quale valuta peer-to-peer con una quantità massima pari a 21 milioni. Non esiste un unico Data Center ed è sufficiente già in casa propria dotarsi di un piccolo computer da 50 euro per essere “la propria banca” ed esercitare in proprio il diritto di signoraggio, cioè “stampare” le proprie bitcoin.

È anche emerso che la vera rivoluzione sarà basata sulla moneta non-Fiat; non fiduciaria; basata su beni “reali”, come oro, ovvero intangibili come un asset digitale come una criptovaluta, ma pur sempre molto reale, in quanto necessita di una potente infrastruttura per essere prodotta e trasferita; diversamente da una valuta FIAT, soggetta alla unica volontà di banchieri centrali e loro danti causa.

Ethereum è stata la seconda criptovaluta ad essere sviluppata e a far evolvere il concetto di “smart contract” quale prossima futura rivoluzione in arrivo per l’emissioni di titoli azionari e obbligazionari senza bisogno né di cassa di compensazione né di banca depositaria. Siemens è stata la prima a percorrere questa strada con una recente emissione obbligazionaria senza l’intermediazione né di banche di investimento né degli usuali operatori come sopra indicati. Appunto un modello peer-to-peer. Una rivoluzione che non vedrà certamente le banche indifferenti a questa evoluzione che le disintermedierà quasi completamente.

Le criptovaluta oggi sono circa un migliaio, anche sviluppate come veri ecosistemi autoreferenti che erogano inoltre servizi di natura “industriale” per il largo pubblico, quale per esempio una capacità di calcolo diffusa, non centralizzata, per il terzo utente, mettendosi in diretta concorrenza con le maggiori server farms erogatrici di capacità di calcolo in “cloud”.

Sempre più ampia è l’adozione delle cryptovalute (cd: “alt-coins”, alternative coins) e bitcoin quale sistemi di pagamento (scopo transazionale); ma anche per scopo precauzionale (cd: “store of value”) come abbiamo visto nei giorni della crisi delle banche USA (con la Silicon Valley Bank in primis); infine per scopo speculativo, per operare arbitraggi di valore tra le quotazioni delle diverse valute FIAT e cripto.

Il legislatore pertanto non ha potuto che prendere atto dell’evoluzione tecnologica e di mercato ed ha iniziato a legiferare per dare certezza del diritto (anche per i profili fiscali) per lo sviluppo ulteriore delle criptovalute e bitcoin.

L’ing. Gallo a questo proposito fa riferimento alle CBCD – Central Bank Digital Currency – e mostra perplessità su tale tecnologia che non rappresenta alcuna novità effettiva, ma un percorso di ulteriore centralizzazione sia nel diritto di signoraggio (apparentemente escludendo le banche da tale attività) sia nel trasferimento della valuta stessa, che anziché migliorare le garanzie per il risparmiatore lo espongono invece a potenziali capricci della politica.  Il prof. Chiappetta ricorda a tal proposito la frase storica di Bill Gates che la banca è importante ma non necessaria.

Chi vivrà vedrà. Certo è che la valuta millenaria rappresentata dalle monete d’oro e d’argento ne ha fatto di strada. Ma l’oro pur sempre rimane il principe delle valute, rafforzata dalle vicende ultime della “weaponization” del dollaro che sta mettendo a rischio la sua posizione quale moneta di riserva mondiale, a favore di ancora non facilmente definibili scenari futuri. Di sicuro la geopolitica e la tecnologia stanno mettendo le premesse per un ripensamento di un paradigma millenario su cosa sia la moneta.

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