Come condurre un efficace colloquio di selezione del personale: 15 consigli al Manager

L’attività di selezione del personale è una delle più difficili che esista: si colloquia una persona un paio di volte e sulla base “dell’effetto che fa”, oltre che del curriculum, si deve decidere del suo futuro, oltre che di quello dell’azienda in cui la persona verrà eventualmente inserita.
Tre cause ne hanno poi recentemente aumentato la complessità:
• In molte organizzazioni assumere personale è diventato un evento raro, riguardante poche unità e con un impatto strategico che va ben oltre la selezione stessa.
Ma anche per le imprese che selezionano ancora grandi volumi di persone, spesso con importanti turn-over, il fattore “umano” è diventato sempre più cruciale: portar dentro qualcuno non adatto – e su grandi numeri può accadere – rischia di avere un effetto negativo “a catena” sul clima interno ai dipendenti, sull’esempio e sui valori aziendali, sulla gestione dei clienti, ecc.
• Tuttologhi nelle organizzazioni non ne servono più, e spesso si selezionano specialisti di particolare profilo le cui competenze non sempre sono già presenti in azienda (che quindi rimangono difficilmente valutabili da dentro…).
• La selezione viene quasi sempre svolta – nella sua fase finale – da manager interni all’organizzazione che di mestiere fanno altro, quindi poco attrezzati ed allenati a valutare a tutto tondo chi hanno davanti in un momento per loro molto delicato.
Selezionatori veri e propri interni all’azienda ce se sono rimasti pochi, e anche dove ancora esistono il manager vuole (giustamente) dire la sua. Mentre le consulenze esterne vengono ormai utilizzate solo per la prima fase di recruiting, quella in cui si ricercano sul mercato i potenziali candidati per un certo profilo professionale.
Selezionare è dunque difficile e non si può sbagliare. Anche se l’argomento è molto inflazionato, vale la pena dedicare 15 consigli – aggiornati e soprattutto estratti dal “campo” – a quei manager che si trovano senza specifiche competenze a dover scegliere nuove persone da inserire in azienda. Nessuna velleità esaustiva ovviamente, ma solo una check list di alcuni punti chiave che nella loro complementarietà possono aiutare a far bene.
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1. Si valuta la persona prima che il professionista, semplicemente perché le due cose sono inscindibili ed è bene partire dalle caratteristiche individuali prima che dal know-how.
Non è un esame. E potrebbe anche darsi che la persona sia di per se assai in gamba ma non adatta al ruolo richiesto, ovvero il contrario: tutti e due i casi non vanno bene.
 
2. Per motivi analoghi, il colloquio deve permettere di verificare non solo l’idoneità del candidato per il ruolo ricercato, ma più in generale la sua attitudine ad integrarsi nell’ecosistema organizzativo e di business in cui quel ruolo opera. I mestieri sono ormai molto più brevi della vita lavorativa, e quindi è necessario programmare l’inserimento proficuo della persona più a largo spettro, anche guardando all’evoluzione del ruolo di ingresso ed ai possibili reimpieghi nel tempo.
Con una importante accortezza: mai selezionare persone per un ruolo obsoleto che sul mercato è ormai a termine: si farebbe del male al neoinserito e ci si troverebbe un problema di lì a poco.
 
3. Prima del colloquio, dare uno sguardo ai profili social media del candidato può permettere di capire molte cose. Ogni individuo infatti proietta sui social una immagine di sé stesso, un “personaggio”: questo ci sta, ma tutto si deve tenere lungo un unico fil rouge in cui ci sia coerenza tra la persona che abbiamo davanti e il suo profilo digitale. Se non è così, meglio approfondire.

4. Nel corso del colloquio è importante mettere a suo agio il candidato, sia per motivi etici sia perché si avrà modo di valutarlo nel suo normale approccio a persone e problemi. Ma gli si metta pressione per un breve periodo, al fine di valutare come cambia il suo comportamento, come reagisce sotto stress e come ne riesce ad uscire.

 
5. Al di là delle competenze tecniche necessarie per il ruolo, ovviamente oggetto del colloquio, è opportuno formulare una domanda complessa, “difficile”, fuori dagli schemi: questo per valutare il processo di elaborazione mentale che sviluppa il candidato fuori dalla sua confort zone ed il suo problem solving. Non rileva in questo caso, ovviamente, la “risposta giusta”.
 
6. Tre domande non dovrebbero mai mancare: una di cultura generale, che permetta di cogliere il grado di integrazione sociale, la propensione a “studiare” e la curiosità, un’altra sugli economics, perché ormai è una conoscenza di base necessaria per qualsiasi mestiere, e un’altra ancora sull’azienda oggetto della selezione, poiché anche da lì passa il reale interesse del candidato per “quel lavoro” più che per “un posto di lavoro qualsiasi”. Il che non è proprio la stessa cosa.
 
7. Più che analizzare le esperienze pregresse, si guardi al futuro, a come quella persona potrebbe far bene nell’organizzazione di oggi e soprattutto di domani.
 
8. L’intelligenza emotiva e l’empatia sono due valori da tenere in debita considerazione: è fisiologico che il candidato sia emozionato e intimidito: quella è la sua occasione, e dobbiamo concederglielo. Senza esagerazioni però, perché la capacità di regolare le proprie emozioni utilizzando le relative informazioni per guidare il pensiero e le conseguenti azioni sarà sempre più uno dei valori distintivi dei nuovi talenti.
Al contrario comportamenti eccessivamente estroversi sono spesso un indicatore di insicurezza o di ostentazione, come tali da ponderare bene nel contesto generale della selezione. I primi della classe “a prescindere” non servono mai in azienda.
 
9. E’ opportuno che il colloquio si svolga con un minimo di contradditorio in cui dar modo al candidato di esprimere le sue opinioni, per vedere se e come lo fa: comportamenti di “captatio benevolentiae” troppo accentuati potrebbero essere causati sia dall’interesse marcato per quel lavoro – e ci sta – sia da un pregiudiziale ed arrendevole approccio verso la catena del comando. Che non è più un valore nelle aziende moderne, semmai lo fosse stato.
 
10. Attenzione al feeling con il candidato, elemento pericoloso sia quando c’è, sia, al contrario, quando proprio non si trova. Questo fattore ancora oggi inquina troppo le selezioni ed introduce un fattore distorsivo da controllare e valutare a parte, eventualmente con il supporto di altri.
Non è per niente detto che se non c’è feeling con il selezionatore il candidato non è idoneo per l’azienda, e nemmeno il contrario. Spersonalizzare questo aspetto è difficilissimo ma essenziale. Il candidato deve convincere, a prescindere dalla sua maggiore o minore empatia con chi lo seleziona.
 
11. Qualche candidato potrebbe essere disposto a tutto pur di ottenere quel lavoro: c’è perfino chi è talmente desideroso di arrampicare in montagna che nel partecipare alle relative selezioni dichiara di essere un esperto alpinista pur non essendolo, per poi trovarsi in parete a rischiare l’osso del collo. Nei colloqui di assunzione ci può stare qualche piccolo “arrotondamento” della realtà, ma entro certi limiti: è dunque opportuno formulare qualche domanda incrociata per capire chi effettivamente abbiamo davanti. Con un po’ di smaliziata attenzione scoprire le fake news è diventato molto più facile di prima.
 
12. E’ poi utile trovare una scusa per far scrivere qualcosa al candidato: oltre a riflettere il grado di preparazione e le caratteristiche dell’individuo, si tratta di una abilità spesso sottovalutata ma sempre più necessaria. Vi è mai capitato di ricevere una mail sgrammaticata e di trarne (in)degne conclusioni?
 
13. Nel corso del colloquio non subissare troppo di domande il candidato, ma lasciarlo parlare ed esprimersi con i suoi tempi osservando attentamente la sua mimica e gestualità, il suo body language, la fluidità e conseguenzialità del pensiero, la sua sintesi espositiva. Attenzione allo sguardo: osservare i suoi occhi permette di cogliere in modo molto diretto le emozioni, le paure, le timidezze, l’autenticità del pensiero e molte altre sfumature più intime. Ricordandosi sempre che la psicologia è un’altra cosa, e che le relative impressioni andranno sempre valutate insieme alle altre e mai in assoluto.
 
14. Lasciare poi spazio alle domande del candidato è senz’altro etico, ma serve molto anche a completare il profilo della persona: domande di rito, su se stessi, sul futuro, su aspetti non chiari, sul business model: ognuna di esse permette di aggiungere qualcosa alla conoscenza di quella persona.
 
15. Non accontentarsi mai: può capitare che il bacino dei candidati sia estremamente ridotto o assai ampio, e per opposti motivi – la paura di trovar per forza qualcuno o la stanchezza di doverne comunque individuare uno tra i molti – ci si potrebbe trovare a fare delle scelte anche se non si è convinti appieno. Si lasci allora perdere, capiterà presto una nuova occasione per incontrare il candidato ideale.
 
Filippo Antilici de Martini di Valle Aperta
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