L’ultimo studio Global Startup Ecosystem di Startup Genome che annualmente pubblica la classifica sullo stato di salute del sistema startup a livello mondiale, ha dimostrato che l’Italia non è presente nel ranking, nemmeno fra i runner up, ovvero quei paesi che cercano di colmare il gap con i top player, con l’intento di migliorare l’habitat imprenditoriale dove far crescere le startup.
In Italia c’è ancora molto da lavorare, cinque anni fa con il decreto legge 179/2012, noto anche come “Decreto Crescita 2.0”, si sono gettate le prime basi per l’avvio di una nuova cultura di impresa. Un percorso lungo e complesso. Brad Field, uno dei maggiori esperti delle dinamiche di business negli USA, sostiene come necessari almeno 20 anni per costruire delle fondamenta solide per un ecosistema ideale per la crescita e lo sviluppo di startup di successo. Ma questo certamente non rappresenta una scusante o un alibi, dobbiamo allarmarci eccome e rimboccarci le maniche.
Il Global Startup Ecosystem Ranking 2017, ha evidenziato che la Silicon Valley rappresenta tutt’oggi più che mai il luogo ideale e più ricco per fare impresa, seguita da New York, secondo principale hub al mondo in ambito startup e 3° posto per Londra. Del vecchio continente bene anche il 7° posto di Berlino, l’11° di Parigi, 14° posto per Stoccolma e Amsterdam stabile al 19°. La Cina con Pechino (4°) e Shanghai (8°) entra nella Top 20 globale.
Sono diversi i fattori che influiscono sul clima imprenditoriale: in primis i collegamenti, non può esistere un ecosistema ideale per creare nuove imprese se non esistono interconnessioni con i maggiori poli tecnologici e interculturali del mondo.
Poi il flusso di investimenti, secondo il report, il 28% dei capitali viene veicolato alla Silicon Valley, al secondo posto New York e Pechino distaccate entrambe all’11%. Queste condizioni hanno permesso alle realtà della Silicon Valley di strappare finanziamenti superiori del 300% sulla media globale: 762 mila dollari di capitali da parte degli investitori per Cupertino e dintorni, rispetto ai 252 mila della media mondiale o dei 568 mila di New York.
Per alimentare l’ecosistema è importante anche il bacino di talenti dalla quale si può attingere, soprattutto nel momento in cui sono in ballo elementi fortemente legati a competenze specialistiche legate all’innovazione tecnologica. Nella Silicon Valley, per esempio, si trova la percentuale più alta al mondo di ingegneri tecnici specializzati, risorse inesauribili per lo sviluppo di progetti innovativi.
A dare un contributo determinante anche il mix culturale. Maggiore è la molteplicità di razze, costumi, cittadinanza che convivono nello stesso luogo, maggiore è la dinamicità del segmento delle nuove imprese. Negli USA il 46% delle startup è riconducibile a un imprenditore non americano, immigrato per studio o per lavoro.
Fra gli inseguitori più promettenti troviamo dalle Americhe: Atlanta, Houston, Città del Messico, Montreal, Ottawa, Quebec City, Santiago del Cile, San Paolo del Brasile e Saint Luis; dall’Asia: Kuala Lumpur, Malbourne, Nuova Zelanda, Seoul e Sri Lanka; dall’Europa: Barcellona, Estonia, Francoforte, Helsinki, Gerusalemme, Lisbona, Malta e Mosca; è inclusa anche l’Africa con Città del Capo, Johannesburg e Lagos. Chissà quando riuscirà, speriamo che ciò possa avvenire presto, a prendervi parte anche qualche realtà italiana.