L’organizzazione virtuale

Nelle università esistono delle materie, quali ad esempio organizzazione aziendale, finanza aziendale e cosi via;  si tratta di materie  che trovano riscontro ed applicazione con le aziende che già consociamo. La stampa, le varie dichiarazioni di professori ed esperti, parlano di digitale, parlandone come se fosse un bisogno quotidiano da soddisfare e per dire anche al mondo esterno “anche io ho detto la mia sul digitale”.

Tanti dubbi

Ad ogni modo, le questioni che sorgono sull’argomento sono molteplici. In particolare, chi è che si interessa ad educare ed informare i giovani di definire cos’è un’azienda virtuale, come si gestisce un’azienda virtuale, quali sono i punti forti e i punti deboli, come la banca ni riconosce fiducia nella mia organizzazione, o ancora com’è possibile chiedere finanziamenti per una società virtuale. Sono solo alcune considerazioni per dire che si continua a parlare dell’acqua calda. Le riflessioni che l’argomento richiede sono profonde ed innovative. La SI-IES sta cercando di porre le basi al concetto di innovazione da ormai diversi anni e ciò è dimostrato con tutte le pubblicazioni fatte sull’argomento sul settimanale online sentieridigitali.it.

Il ruolo dello stagista

Fare un’azienda virtuale teoricamente è semplice (ovviamente, si fa per dire). Una delle difficoltà è quella di interagire con il mondo esterno il quale è abituato ad una visione e gestione di tipo tradizionale. Ciò comporta una revisione e un nuovo modello organizzativo nell’organizzazione aziendale. È un monitor per il mondo accademico che ha il compito di educare, informare, riflettere e ricercare nuovi modelli al fine di poter mettere il giovane laureando nelle condizioni di avere almeno nozioni conoscitive sull’argomento e non essere messo in un’azienda, iniziando con uno stage, ignorando completamente tutto sull’argomento. Il ruolo dello stagista è quello di apprendere, capire l’organizzazione e del lavoro ma allo stesso tempo portare qualche contributo di alcune nozioni apprese all’università e che sono diventate oggetto di riflessione.

Riflessioni conclusive

L’argomento è indubbiamente sfidante sia sotto l’aspetto delle strategie sia sull’innovazione. Il giovane non può essere buttato in un’azienda, magari poco seguito, e quindi trovarsi dopo 5 anni di studi (3+2, magari anche un master), trattato come un incapace nonché incompetente. Si parla di accoglienza di più generi ma non dell’accoglienza del giovane che ha concluso gli studi presso le grandi o piccole/medie imprese. È più semplice fare demagogia, elencare le necessità e i bisogni, senza però un impegno concreto.

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