Correva l’anno 1997 quando ebbe inizio il vero disastro per il settore delle telecomunicazioni in Italia: la richiesta di dimissioni indirizzata a Biagio Agnes ed Ernesto Pascale, questi ultimi rispettivamente Presidente e AD di Telecom Italia, da parte del Governo Prodi. Gli esecutori delle direttive governative furono l’ex Presidente Ciampi nel ruolo di Ministro del Tesoro e l’allora collaboratore nonché attuale Presidente del Consiglio Mario Draghi.
Ebbe quindi inizio la privatizzazione dell’allora quinto colosso al mondo del settore telecomunicazioni, avviata poi nell’ottobre dello stesso anno. Dopo una breve resistenza di entrambi, in particolare di Pascale, entrambi accettarono, uscendo così dal ruolo di timonieri delle telecomunicazioni italiane. Da quel momento alla dirigenza si sono susseguiti una serie di persone esterne all’azienda, con le conseguenti difficoltà di gestione.
Marco Patuano, AD e poi Presidente dal 2011 al 2016, attraverso il messaggio “Connettività e Digitale” ha cercato di dare un ruolo all’azienda più orientato alla digital transformation, da mera fornitrice di connettività a vera e propria abilitatrice dell’Italia digitale. Finalmente, dopo anni, si è ricominciato a parlare di digitale.
Abbiamo davanti la possibile separazione tra una società della rete, avente a oggetto le attività infrastrutturali (NetCo) e una società operante nel commerciale (ServiceCo). Nella prima andrebbero a confluire circa 30 mila dipendenti, mentre nella seconda gli altri 13 mila. Si tratta di una esercitazione che prende le mosse tra il 2010 e il 2013 e dunque con studi che meritano di essere rivisti, possibilmente con il supporto del Governo, ovviamente mantenendo la concorrenza e il libero mercato.
Per capire come fare basta osservare le mosse dei Governi francese e tedesco sulle telecomunicazioni e attuare la strategia sul “Made in Italy”.
Auguri a Pietro Labriola!