Welfare aziendale

Quando si parla di welfare si pensa subito che se ne fa carico lo stato. Nonostante il termine ‘’welfare aziendale’’ venga utilizzato a partire dal ventennio scorso, per indicare l’insieme delle pratiche e delle iniziative aziendali con finalità sociali, volte a ridurre il conflitto sociale nelle aziende.

Dal paternalismo ad Olivetti: il paternalismo industriale, sviluppatosi nei paesi europei in via di industrializzazione già nel 18esimo secolo mentre, in Italia ha avuto inizio nel 19esimo secolo in cui viene definito come un insieme strutturato di mezzi materiali, ideologici e politici utilizzati per formare e rinnovare la manodopera necessaria al funzionamento di un processo di lavoro determinato, in una regione data ed una serie di pratiche, sia materiali che simboliche, sviluppate dagli imprenditori al fine di attrarre, organizzare, provvedere, disciplinare, formare, attraverso la famiglia, riprodurre la forza lavoro.

Il periodo di maggior sviluppo del welfare state è quello che va dalla fine della Seconda guerra mondiale e la fine degli anni ’70 quando la crescita economica e sociale ne favorisce la profonda espansione in tutti i paesi democratici occidentali.

Secondo SI-IES il welfare aziendale tende a sottolineare le divisioni del mercato del lavoro, tra chi è disoccupato e chi invece lavora e all’interno di quest’ultima categoria tra chi è impiegato in azienda ed ha implementato un welfare e chi invece in aziende non hanno attuato alcun strumento di welfare aziendale.

In un’ottica di tipo aziendalistico-organizzativo il welfare aziendale rimanda al tema del rapporto tra carrying e control, ossia tra la cura del benessere del lavoratore e le azioni a difesa dell’efficienza dell’organizzazione aziendale. Le imprese ricoprono sempre di più un ruolo di primaria importanza all’interno della conciliazione famiglia-lavoro e tale dinamica viene confermata negli approcci adottati in alcuni paesi europei che prestano maggiore attenzione ai datori di lavoro rispetto al passato.

Un argomento che va inserito in detto welfare è la previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa, infatti, tali esperienze hanno avuto una diffusione non omogenea, a volte limitate ad aziende di grandi dimensioni oppure a determinati settori produttivi.

Le forme assicurative sono: sostitutive, che coprono gruppi della popolazione esclusi o che si possono escludere per propria scelta dal sistema di assistenza sanitaria pubblica, complementari rispetto al sistema pubblico, andando a coprire la spesa di quei servizi che la sanità pubblica dovrebbe garantire ma che, di fatto, somministra in maniera insufficiente; supplementari, quindi aggiuntive rispetto all’assistenza pubblica.

Infine, vi è il benefit e contenuto sociale ossia, un ulteriore strumento di welfare aziendale che si affianca alle misure in tema di conciliazione vita-lavoro, alla previdenza complementare e all’assistenza sanitaria integrativa. Per il welfare hanno un ruolo importante anche le organizzazioni sindacali. Nel nostro Paese vi sono diverse best practices che la SI-IES ha esaminato.

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