La didattica universitaria e la cultura del digitale: riflessioni su un futuro sempre più prossimo

La didattica universitaria e la cultura del digitale: riflessioni su un futuro sempre più prossimo.

 

Prof. Stefano Tarullo

Docente di Diritto amministrativo

all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli

 

L’esperienza della docenza universitaria comporta per sua natura un incessante affinamento delle metodologie di insegnamento. Accade però, in un certo momento, che si debba transitare verso una fase nuova, nella quale il perfezionamento di soluzioni pur consolidate nella pratica non può che recedere di fronte all’adozione di modelli del tutto originali. La storia insegna: è successo con il passaggio dalla tavoletta di argilla al papiro, o con il passaggio dalla carrozza al primo prototipo di autovettura a vapore. Nessuno poteva pretendere di usare lo scalpello sul papiro o di condurre un veicolo usando le briglie dei cavalli. La fase storica che stiamo attraversando rappresenta, innegabilmente, uno di quei momenti. Ci troviamo oggi nel mezzo di una rivoluzione digitale ancora in divenire, i cui contorni per la gran parte ci sfuggono. Non ci sfugge, però, il fatto che essa impone di  distogliere definitivamente lo sguardo dal passato: fino a pochi anni fa non si poteva compulsare altro che il materiale cartaceo o, come è in voga dire, «analogico». Questa limitazione appare oggi nettamente superata, poiché la tecnologia consente a tutti il rapido accesso ad uno sconfinato numero di informazioni. Valicato ormai da tempo il «digital divide», lo stesso materiale cartaceo inizia fatalmente a divenire estraneo allo studente universitario medio; come le statistiche nitidamente mostrano, egli sempre più raramente attinge le informazioni da giornali o media tradizionali: la preferenza si indirizza decisamente, anzi quasi esclusivamente per quanto riguarda i giovanissimi, verso il web, che consente un’interazione con i dati ed una navigazione «attiva» tra contenuti verbali,  links ed immagini. Poiché è l’insegnante che deve adeguarsi al discente e non viceversa, è inevitabile ripensare al modo di approcciare la didattica universitaria in un’ottica più consapevole dei tempi che viviamo, puntando su tre parole chiave: definitivo superamento dei c.d. contenuti lineari, multimedialità ed interazione.

Come emerso e dibattuto nella seduta congiunta del Comitato scientifico e del Comitato strategico della Sentieri Digitali Business School del 28 febbraio 2018, questo modello è in via di affermazione per le scuole, anche se attualmente le proposte in campo incontrano alcune difficoltà ad essere recepite e comprese in tutte le loro potenzialità. Si tratta peraltro di un modello che può essere agevolmente esportato nelle università; la sua trasposizione negli atenei costituisce anzi la naturale evoluzione del cammino embrionalmente intrapreso nelle scuole. L’apprendimento, infatti, può essere reso più piacevole quando «attiva» il discente generando un’esperienza non solo intellettuale, ma anche sensoriale e – se si vuole – persino emotiva. E così, il materiale didattico può essere flessibilmente arricchito attraverso collegamenti a video illustrativi tratti «dal vivo». Ad esempio (e faccio riferimento alla mia materia di insegnamento, il diritto amministrativo), può essere caricata la documentazione visiva di una camera di consiglio o di un’udienza pubblica celebrata avanti ad un tribunale amministrativo regionale: è intuitivo che assistere virtualmente ad un’udienza può illustrare meglio di molte parole il significato e la concreta operatività di alcune disposizioni del Codice del processo amministrativo. Ma è anche possibile inserire in una piattaforma didattica delle esercitazioni  interattive «mirate» che, nelle varie fasi del percorso di studio, consentano allo studente di verificare il proprio grado di preparazione. Ad esempio, può essere caricato un provvedimento amministrativo «viziato» ad arte, lasciando al giovane il compito di individuare il profilo di illegittimità che lo inficia; o anche un accordo amministrativo che egli dovrà completare nelle parti mancanti rendendolo armonico con il disposto di legge (art. 11 L. n. 241 del 1990) e con le massime giurisprudenziali, previamente selezionate ed offerte alla sua consultazione. Molte altre potranno essere le ulteriori soluzioni atte a guidare lo studente nel suo processo di assimilazione: è però fondamentale puntare  su una visione non solo «punitiva», fondata cioè sulla riprovazione dell’errore, ma ausiliativa e preventiva, volta  cioè a far emergere e valorizzare i «talenti» che ciascuno ha nelle sue corde. Ad esempio possono essere immaginati test di autovalutazione non concepiti semplicemente per giudicare ex post l’esattezza delle risposte date ai quesiti, ma per guidare lo studente ex ante durante il percorso di scelta della soluzione da dare al problema posto, anche con il supporto dell’intelligenza artificiale (c.d. tutor  virtuale).

In tutto ciò la didattica ex cathedra ed il tradizionale insegnamento frontale non scompariranno, almeno nel medio periodo, ma muteranno pelle: il docente, disponibile anche online e con collegamenti da remoto (videolezioni, videoesercitazioni, ecc.), diverrà la guida del percorso didattico ed il gestore del sistema di informazioni di cui gli studenti potranno fruire, in modo libero e secondo le proprie disponibilità ed inclinazioni. I materiali audio e video caricati in piattaforma potranno essere consultati ovunque ed in qualunque momento, in linea con la cultura mobile friendly ormai largamente diffusa, con vantaggi enormi anche per gli studenti-lavoratori, che come noto incontrano significative difficoltà a seguire i corsi in presenza.

I professori, oltre a potersi dedicare maggiormente alla ricerca (e ben si sa quanto il nostro Paese ha bisogno di ricerca), conserveranno un ruolo centrale di coordinamento e di sviluppo delle metodologie didattiche in funzione dello studente. Ad esempio, potranno studiare percorsi individuali e «duttili» di apprendimento calibrati su singoli studenti o gruppi di studenti. E così, a beneficio dello studente con poco tempo e spiccate inclinazioni pratiche potranno essere realizzate esercitazioni in cui la teoria è «dedotta» dalla pratica, mentre allo studente con maggiori attitudini all’astrazione potranno essere offerti contenuti di tipo più tradizionale (ad esempio, un assortimento di letture fondamentali quali saggi o sentenze, ecc., o un secondo grado di approfondimento con contributi più impegnativi per chi aspiri all’eccellenza).

Si può stare certi che, se si seguirà questa strada, studiare diverrà un’esperienza piacevole e coinvolgente in coerenza con i sistemi di apprendimento che i nostri ragazzi già praticano quotidianamente e che gradualmente prenderanno piede nel contesto scolastico. I concetti, anche quelli più astrusi e complessi (e nelle materie giuridiche ve ne sono non pochi) saranno non solo «compresi», ma anche fissati nella memoria ed assimilati quali cardini di un’esperienza più partecipata e, per ciò stesso, più profonda e durevole. I contenuti potranno essere anche implementati attraverso ulteriori stimoli di tipo professionalizzante (anche questo si chiede, oggi, alle università). Sarà così possibile creare giochi di ruolo mediate avatar (pensiamo alla simulazione di una udienza processuale o di una conferenza di servizi in cui lo studente ha una parte attiva attraverso il personaggio che «opera» sullo schermo) o comunque a soluzioni ispirate all’apprendimento collaborativo, anche di tipo «ludico». Si passerà così dalla «noia» alla «gioia» dello studio e dell’arricchimento culturale, anche grazie all’ausilio prezioso della realtà virtuale e della realtà aumentata; soprattutto, sarà possibile distribuire in modo più equo e diffuso la vera ricchezza della società del  futuro: il sapere.

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