Nel 2020 l’Italia ha subito un impatto acuto del Covid-19, il PIL è tronato ai livelli del 1998. Il Presidente ISTAT è stato costretto a recitare un bollettino di guerra nel ventunesimo rapporto annuale che fotografa il 2020. L’anno della pandemia, come prevedibile, è stato caratterizzato dai crolli dei consumi, delle nascite, dei matrimoni, della fruizione della cultura. L’unico indicatore positivo è quello dei risparmi. Naturalmente, quanto descritto finora merita una riflessione per fare un confronto per quello che leggiamo quotidianamente.
Niente da fare per i consumi, mai cosi bassi dal Dopoguerra. Il reddito delle famiglie si è ridotto del 2,8%. Pesano in negativo meno 32 miliardi e i consumi finali hanno avuto un crollo devastante del 10,9%, con picchi del 19,3% nei servizi. la crisi sanitaria ha compromesso la solidità delle imprese: sono a rischio metà delle micro (3-9 addetti) e un quarto delle PMI (10-49 addetti). In aggiunta, in sei anni la perdita della popolazione è stata di 705 mila residenti, nel solo 2020 è stata di più della metà del 2021. Non è andata meglio nel primo trimestre del 2021: “la popolazione ha registrato un calo di 90 mila unità”. Per quanto riguarda i giovani, questi sono penultimi in Europa per numero di laureati (27,8% contro il 40% della media europea). Il gap con la media europea riguarda anche le donne. Aumentano anche i giovani tra i 15-29 anni che non studiano e non lavorano, si stima che nel 2020 essi sono stati 2,1 milioni, in aumento di oltre un punto percentuale rispetto al 2019.
Le notizie ISTAT, rispetto alle letture quotidiane, purtroppo sono il più delle volte contrastanti; il questo periodo si parla del PNRR, ma non si dice che è urgente riportare il debito pubblico sotto controllo. Siamo a 2500 miliardi e siamo i primi nella classifica europea. La speranza è quella di avere riscontri da parte di Mario Draghi che almeno la burocrazia venga semplificata.