Decrescita felice

Il cosiddetto Ceto Medio va scomparendo. Le conquiste economiche e sociali per le quali molti di noi hanno duramente lottato stanno rapidamente evaporando o per un motivo o per un altro. Intendiamoci gli spettri agitati da Masaniello hanno tutti o quasi un fondo di verita’:la crisi economica ha colpito seriamente, pochi, molto pochi, se ne sono salvati, poiche’ un paio di fenomeni hanno potentemente contribuito al triste evento: la globalizzazione da un lato e l’automazione sempre piu’ spinta dei processi produttivi dall’altro.

I motivi sono ben chiari: la globalizzazione, molto positiva per lo sviluppo dei Paesi del terzo e quarto Mondo, favorisce l’esternalizzazione dei processi di produzione, avvantaggiando le classi sociali dei Paesi cosiddetti emergenti, nei quali spesso si hanno lavoratori istruiti con paghe nettamente piu’ basse delle nostre. Per quanto riguarda la automazione citiamo un comparto nel quale il processo e’ stato addirittura rovinoso:quello bancario,dal quale solo in Italia sono scomparse decine di migliaia di posizioni lavorative di livello buono, in alcuni casi anche superiore, sostituite da processi elettronici automatati, lasciando ai lavoratori solo residui incarichi specialistici in fase di controllo e studio dei processi automatati. Ma quello che ci interessa maggiormente e’ come Masaniello ha riempito di favolette e trucchetti pseudo filosofici il vuoto che si va creando: parliamo del mito della decrescita felice.

Il marxismo ottocentesco aveva proposto forme di gestione delle attivita’ produttive e del mondo sociale sulle quali si puo’ essere piu’ o meno d’accordo, ma che comunque assieme alle teorie liberali e liberaldemocratiche hanno segnato la vita e l’andamento dell’intero ventesimo secolo, rappresentando sinteticamente quella dottrina, l’espropriazione dei Mezzi di Produzione e di scambio dalle mani private al totale dominio dello Stato. Stabilendo, in seguito, la sostanziale abolizione della moneta come mezzo di scambio e l’attribuzione allo stesso Stato del potere di prevedere i quantitativi di beni e servizi sociali secondo regole prestabillite che garantissero al suddito fedele un minimo di attribuzione di beni e servizi per la propria esistenza: progetto sostanzialmente fallito, pur avendo consentito alcuni miglioramenti sul piano della razionalizzazione delle strutture pubbliche e della redistribuzione delle fonti produttive. In sostanza il marxismo/leninismo prevedeva la esternalizzazione e statalizzazione di tutte o quasi le fonti produttive. Sistema che alcuni critici con espressione piuttosto sprezzante hanno definito crescita infelice (e scarsa). Il Capitalismo alla fine ha vinto, ma non stravinto, lasciando molte sacche di mediocre sviluppo, aree territoriali ancora misere e squilibri anche vistosi da colmare. Spazio quindi per i riformisti sia di estrazione Popolare e Cattolica, che Sociale e/o Socialista, volendo anche Liberale/Progressista. Ma gli spiritosi non mancano mai ed ecco nascere ,in antitesi alla crescita infelice, l’altra espressione di decrescita felice. Cerchiamo di intenderci bene. Dipende sostanzialmente da come vediamo la vita e i rapporti sociali. Siamo tendenzialmente ottimisti, crediamo nel miglioramento dei rapporti sociali, desideriamo la salvezza del genere umano o quantomeno vogliamo una sintesi dei fattori umani e spirituali tesa in questo caso alla redistribuzione e allargamento del benessere ed allora i momenti di decrescita non potranno essere felici.

Al contrario vedete il peggio dell’andamento sociale ed economico come possibile finalita’ redistributiva verso l’appiattimento totale ed allora la decrescita si impone senza il minimo tentativo di contrastarla, anzi cercando di favorirla per la precisa volonta’ di appiattire e portare verso il peggio, ma sorridendo e dichiarandosi soddisfatti, il genere umano. Che bello,poter dire che c’e’ decrescita ,ma siamo felici perche’ avremo cosi’ un appiattimento egualitario verso il peggio! Caro lettore, scegli un po’ quello che piu’ ti aggrada!!! Ma se ami la decrescita felice, preparati pure al peggio.

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