Come i megatrend ci cambiano la vita

La prima cosa da fare è definire cosa sia un megatrend. Secondo la definizione che ne da il sole 24 ore, essi sono definibili come: “(L)e grandi trasformazioni sociali o economiche che avanzano a velocità diverse, ma inesorabili. Per esempio, l’invecchiamento della popolazione, i nuovi modelli di consumo, l’innovazione tecnologica. Detti anche macro-trend o tendenze secolari, sono trasversali a diversi Paesi e, dal punto di vista dell’investimento, interessano più settori.”
 
Per capire meglio cosa si intenda con questo fenomeno, è possibile fare degli esempi che si avvicinano maggiormente alla vita quotidiana. A tal proposito, si può citare il cambiamento nel vestiario comune, passato sempre più verso uno stile comodo e destrutturato o, ancora, l’attenzione che da alcuni anni si pone verso una alimentazione biologica.
 
Attualmente, sta muovendo i primi passi quello che potrebbe essere un nuovo ed incisivo megatrend nella cultura del “healthy food”: la frutta “a residuo zero”.
Le grandi catene di distribuzione, prima fra tutte Esselunga, ha colto la necessità che i consumatori hanno dimostrato verso un’alimentazione realmente sana iniziando a proporre fra i suoi banchi frutta completamente priva di residui di diserbanti o insetticidi. Questo poiché si inizia a porre l’accento sul fatto che anche il cibo biologico non è del tutto privo di queste sostanze che sebbene di origine naturale, come il verde rame, restano nocive per l’uomo.
 
Tuttavia, questo nuovo tipo di coltura “pulita” necessita di analisi approfondite per definire tempistiche ed evitare l’utilizzo di sostanze tossiche durante il periodo della fruttificazione ed il suo prodotto è, dunque, leggermente più costo.
 
Si può, dunque, che, per il momento almeno, la presenza di frutta a residuo zero non sarà così diffusa sulle tavole degli italiani ma, con la sempre maggiore attenzione posta alla salute ed il tendente incremento della spesa familiare in beni alimentari, il fenomeno prenderà piede e si estenderà anche ad altri tipo di coltivazione.
 
Resterà da vedere se il modello sarà applicabile non solo alla GDO ma anche alle piccole botteghe di quartiere.
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