Ecosostenibilità ed economia circolare: il dovere è anche un’opportunità

“Naturalmente – Armonia nella crescita”, così si chiama l’evento organizzato da Il Messaggero, che ha segnato il suo primo appuntamento nei giorni scorsi a Roma. Proprio partendo da questo claim ha posto l’accento su una serie di topic interessanti. Nei giorni in cui Ursula Von der Leyen presenta lo European Green Deal, a Roma si parla di impatto zero, sviluppo sostenibile, benessere, corretta alimentazione, compatibilità ambientale, mobilità e città intelligenti. Il motto, che emerge nell’apertura del direttore Virman Cusenza, è quello che recita così: “dovere è anche un’opportunità”. Il dovere di vivere, pensare e produrre in modo ecosostenibile, ma perché ciò avvenga serve l’impegno di tutti. Diffuso, deve riguardare le imprese, le istituzioni e anche le PA, ad esempio, anche in termini di bilancio, pensiamo in ottica economia aziendale, agli investitori privati, perché è imprescindibile, ad esempio: “stornare la parte investimenti green”.
 
Con la conferenza sul clima COP25 che in questi giorni a Madrid è entrata nel vivo, usciamo con la consapevolezza che “non bastano le icone, non serve il green washing”, ma serve soprattutto un lavoro continuo e un impegno quotidiano anche lontano dai riflettori per salvaguardare il pianeta.
Uno dei problemi principali concerne il forte aumento della popolazione, esponenziale negli ultimi anni, sempre più si restringono gli spazi coltivabili, l’uomo vira verso le città e la tendenza sembra essere sempre più verso l’agricoltura urbana, secondo il Prof. Riccardo Valentini per il suo Homo urbanus, così l’ha ribattezzato, questa componente sarà sempre più necessaria. La terrà pro-capite si sta riducendo sempre più e i nostri continenti si stanno impoverendo di capitale umano. Già oggi secondo i dati riportati dal docente e ricercatore consumiamo il 73% delle terre emerse, vi sono 868 milioni di persone malnutrite e 1,5 miliardi di persone obese.
 
Il cibo per le persone, il cibo per gli animali o le macchine? Dobbiamo scegliere. Considerando la quantità di emissioni di CO2 immesse per produrre queste componenti. Così come dobbiamo scegliere di fronte al continente di food waste che invade il mondo. Per questo Valentini ci invita a fare attenzione all’overshooting delle spese. Per il problema dei gas serra, Cina e Usa sono quelli che producono maggiormente i rifiuti. Proprio sul fronte riscaldamento globale ed effetto serra, fra gli obiettivi c’è quello di non oltrepassare per fine secolo i 2°C di riscaldamento globale, o ancor meglio, non superare 1,5°C. Nel nostro Mediterraneo siamo già a 1,52. Al riscaldamento globale si sommerà anche il problema di una crisi idrica. Cambia il clima e si spostano le produzioni agricole, shift verso le zone boreali. Le soluzioni tecnologiche per compensare il global warming sono in grande fermento, ma non nelle regioni tropicali dove il problema è costante e la clean tech non basta.
 
Una delle soluzioni, su quello che possiamo fare nel nostro piccolo, può essere quella di avere una dieta più vegetale, le emissioni di metano degli allevamenti sono la fonte più potente di produzione di CO2. Per grammo di proteine animali, coincide 1 grammo di CO2 equivalenti. I temi del benessere, della sicurezza alimentare e dell’educazione alimentare sono determinanti. Questo dovrebbero capirlo non solo le persone ma anche tutte le food company.
 
Rimarchevoli anche le food policy, tema etico fondamentale, avendo anche uno sguardo sulle mense aziendali. In questo Valentini cita un progetto europeo per mangiare ecorazionale: “Su-eatble Project”. Si sviluppa nell’impegno di diffondere delle food policy nelle mense aziendali per un’alimentazione sostenibile e orientata all’economia circolare.
 
La sintesi è che dobbiamo moderare i consumi e bilanciarli. Mangiare 5 giorni vegetariano e 2 giorni carne non è così difficile. Se ognuno di noi perseguisse questo schema, la possibilità di salvaguardare il pianeta risulterebbe più vicina, perché: “Naturalmente, si può fare”!
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