I fragili equilibri internazionali sembrano essere arrivati a un punto di rottura: l’atteso confronto telefonico fra il Presidente degli USA Joe Biden e il Presidente russo Vladimir Putin non si è concluso positivamente, nonostante la lunga chiamata durata più di un’ora.
Le mosse di Joe Biden dimostrano ancora una volta la sua totale mancanza di autorevolezza nel panorama della politica estera: è bene sottolineare, soprattutto per coloro che non hanno studiato scienze politiche, che il dialogo fra i grandi attori della politica internazionale è solito essere preceduto dal lavoro degli sherpa quale atto propedeutico ai colloqui fra i diversi leader.
In questo caso, la delicata tra Russia e Ucraina ha messo in luce la debolezza intrinseca della diplomazia americana, più incentrata ai propri tornaconti di politica interna ed estera che agli equilibri geopolitici nel Vecchio Continente: da sempre gli Stati Uniti si sono erti a difensori dell’Europa e, anche in questo caso, hanno scelto la via della fermezza e dei muscoli nella speranza di dimostrare ancora una volta il proprio ruolo di guida del mondo occidentale senza tentare la via della mediazione.
Il prestigio deriva sì dal Paese e dalla sua storia ma anche dall’autorevolezza del Presidente. Biden non gode più di grande appoggio popolare negli USA e la fermezza sulla questione Russia-Ucraina è forse il tentativo di recuperare terreno in vista delle elezioni mezzo termine, soprattutto dopo la debacle relativa all’Afghanistan. È un peccato perché il prossimo successore dovrà riconquistare la fiducia del mondo partendo da una posizione di grosso disagio.
Mancanza di autorevolezza che si riscontra anche in Italia e si intreccia con la situazione Russia-Ucraina. La questione è quella dell’energia, argomento di cui si parla molto e dove vige un sostanziale stallo. Il nostro Paese è dipendente dal gas russo, così come gran parte dell’UE, per circa il 40% del proprio fabbisogno e, ora più che mai, la scelta di bloccare gli investimenti sull’energia nucleare nel 1987 sembra essere stata sciagurata. Molti benpensanti evidenziano un’evidente ipocrisia di fondo visto che l’Italia acquista energia nucleare dalla Francia anche a caro prezzo. Ricordiamo che la principale obiezione al nucleare è la possibilità di incidenti nucleari devastanti nel nostro Paese, quando la prima centrale nucleare dista solo 98 km dai nostri confini. La linea di demarcazione è verticale e netta: oltralpe non sono pericolose, qui invece lo sono.
In questo momento si parla di forti spese per la bolletta energetica. È mai possibile di venire incontro alle PMI e alle famiglie italiane con degli spot di 5 miliardi che non servono a nulla? Perché in maniera demagogica si parla di pannelli solari quando, pur essendo nelle primissime posizioni per utilizzo e sviluppo, non si è in grado di soddisfare le fabbisogno energetico di base?
Si parla di piani industriali a scorrimento, di argomenti importanti a partire dalla salute ma non c’è un piano concreto. In compenso abbiamo molti politici pronti a difendere il loro ruolo in maniera positiva, parlando a vuoto garantendo utopiche promesse e diffondendo false speranze senza che nessuno li interroghi minimamente rispetto a quello che dicono. Puntano al voto politico, tornando indietro al 1968. Ma a cosa serve? Nel frattempo si continua a far lavorare il Presidente del Consiglio Mario Draghi, lui sì ancora dotato di autorevolezza e di una buona reputazione in campo internazionale. Ma i partiti sono in piena campagna elettorale anticipata e quindi anche Super Mario diventa piccolo, perché ognuno deve racimolare i propri voti. Tutto questo per il bene del paese, a sentire i partiti. Nel frattempo il Paese è piccolissimo.