Il parlamento europeo il 4 ottobre ha ratificato l’accordo sul clima firmato a Parigi (COP21) lo scorso dicembre. Il provvedimento, che coinvolge 186 paesi, invita tutti gli stati che hanno sottoscritto tale accordo a cercare delle soluzioni per frenare “il riscaldamento globale”. Nell’assemblea parlamentare in un totale di 679 votanti: 610 si sono dimostrati a favore, 38 contrari e 31 astenuti.
Per rendere operativo l’accordo, i governi hanno dovuto approvare ciò che è stato deliberato. Nei giorni scorsi anche il nostro governo ha posto all’ordine del giorno al Consiglio dei Ministri l’argomento per la ratifica della procedura. Un’iniziativa molto importante, un passo necessario, doveroso e ambizioso, che l’Italia e l’Europa dovevano fare, ora dobbiamo pretendere che di un simile piano non ne rimanga solo una mera enunciazione ma che si concretizzino azioni reali.
Per entrare in vigore un provvedimento di questo tipo, aveva bisogno della ratifica di almeno 55 paesi pari al 55% delle emissioni. Prima dell’approvazione dell’Europa, gli stati che avevano ratificato l’accordo erano 62 per un totale del 51,89% delle emissioni. Con il voto favorevole dell’Europa, artefice del 12% dei gas serra, il quorum è stato abbondantemente superato. Avevano già ratificato i cosidetti grandi inquinatori: Cina, India e Stati Uniti. Il risultato è molto buono se si pensa che in tempi piuttosto brevi è stata approvata la procedura: 9 mesi sono pochi al confronto dei quasi 8 anni che ci vollero per il protocollo di Kyoto.
Il prossimo step sarà dato da una riunione operativa dell’intesa prevista nella prossima conferenza sul clima (COP22) che si terrà a Marrakesh in Marocco il 7 Novembre.
Probabilmente non è noto a tutti che la situazione è più critica che mai. Secondo uno studio di James Hansen, ex climatologo della Nasa, insieme ad altri 11 esperti, la temperatura globale ha raggiunto un livello che sulla terra non si vedeva da 115 mila anni, perciò, è di fondamentale urgenza lo stop all’utilizzo di combustibili fossili. Il 2016 secondo gli studiosi potrebbe chiudersi con una temperatura di 1,25 gradi superiore a quella dell’epoca preindustriale. Un’altra delle soluzioni per limitare il riscaldamento globale, oltra alla conclusione dell’utilizzo di combustibili che generano gas serra, è anche l’adozione di “emissioni negative” che consentano la riduzione della CO2, una di queste pratiche è data dalla riforestazione. Se non verrà percorsa questa strada, tutto sommato semplice al confronto di altre, saranno necessari interventi molto più dispendiosi come quelli che portano in campo la progettazione di costose tecnologie complesse. Una marcia in più può venire anche dalla sensibilizzazione a livello mediatico, dalla diffusione di una cultura ed un’etica ecoscostenibile da parte di tutti, in questo senso i cittadini europei dovrebbero appassionarsi un po’ di più all’iniziativa cercando di generare e alimentare un coro utile e necessario per raggiungere l’obiettivo.