La nomina di Agostino Ragosa a direttore generale dell’Agenzia per l’Italia digitale sancisce l’inizio dell’azione di Agenda Digitale Italiana, sulla quale convergono le competenze della PA in tema di ICT e le speranze di coloro che auspicano un futuro maggiormente tecnologico per il nostro Paese.
In attesa che sia convertito in legge il Decreto Sviluppo 2.0, non sono ancora chiaramente definiti i compiti concreti dell’Agenzia, e il rischio è che la sua potenzialità di inoculare innovazione nei processi della PA sia ostacolata da tutti i soggetti (politici, burocrati) che temono di perdere uno status quo per loro favorevole. Ad esempio, la pubblicazione on line delle spese di un ente locale sarebbe un ottimo strumento di trasparenza, ma potrebbe essere osteggiata dai soggetti che tentano di trarre vantaggio da una minore informazione ai cittadini.
Inoltre, come è sempre avvenuto in ogni stadio dell’innovazione, le resistenze al cambiamento si verificano anche in altre sezioni della società: nel mondo dell’economia e della finanza, come tra i politici, i rappresentanti dei lavoratori e i comuni cittadini, sono molti coloro che credono che gli assi portanti del rilancio dell’economia e dell’occupazione siano la grande industria meccanica, le costruzioni, le infrastrutture (ponti, autostrade), trascurando come marginali gli apporti dell’ICT.
Quando il 31 gennaio 2011 un centinaio di personaggi (imprenditori, docenti universitari, giornalisti, professionisti) hanno acquistato una pagina del Corriere della Sera per lanciare un appello in cui si chiedeva alle Istituzioni di sviluppare una strategia per la digitalizzazione del Paese, non si intendevano reclamare risorse per il settore ICT, in crisi come altri settori economici, ma si voleva che l’Italia non rimanesse una delle poche nazioni nel mondo occidentale prive di un progetto organico per l’informatizzazione della PA. Lacuna che ora, con una guida esperta, può essere finalmente sanata.