A spasso nel tempo: Sutri tra storia e leggenda

A circa 50 Km a nord di Roma, là dove la Via Cassia inizia il suo percorso viterbese e si snoda tra prati verdi, cipressi secolari, file di noccioli e splendidi reperti archeologici , su uno sperone tufaceo svetta l’ “antichissima” città di Sutri.

Memoria di storie importanti e di grandi civiltà come quella etrusca e romana, scrigno di inestimabili gioielli medioevali e rinascimentali, la cittadina ha forse celato sin troppo accuratamente la ricchezza e la tradizione del proprio territorio, che vale la pena di conoscere e di valorizzare a livello internazionale per assicurarle quella posizione di primo piano tra le bellezze storiche e culturali italiane.

Le sue origini risalgono probabilmente all’età del bronzo: secondo la leggenda la sua fondazione sarebbe da attribuirsi ad un antico popolo di navigatori orientali, i Pelasgi, mentre altre fonti sostengono che Sutri sarebbe stata fondata addirittura da Saturno, raffigurato nello stemma del Comune a cavallo con tre spighe di grano in mano.

Sutri ebbe un forte sviluppo nel periodo di dominazione etrusca come centro agricolo e commerciale. Testa di ponte per la penetrazione nell’Etruria , nel 383 a.C. fu conquistata dai Romani , dopo la caduta di Veio, conservando e potenziando la sua vocazione di punto strategico per gli scambi di merci.

Successivamente la cittadina vide il passaggio di molteplici orde barbariche dirette alla volta di Roma, fungendo da baluardo del consolato e dell’impero.

Un momento di rilevante importanza storica fu vissuta da Sutri tra il V e il VII secolo d.C. quando fu coinvolta nelle lotte tra Longobardi e Bizantini.

Con l’elezione di Liutprando a re dei Longobardi, il nuovo sovrano si trovò ad affrontare una serie di problematiche, in particolare la progressiva disgregazione e perdita di identità del suo popolo, sempre più incline ad assumere usi e costumi “romanici”. Liutprando iniziò allora una politica di rafforzamento della sua monarchia, innanzitutto puntando ad unificare la penisola italica, attraverso la conquista dei territori italiani posseduti dai Bizantini.

Dopo la guerra greco-gotica rimanevano infatti nelle mani dell’imperatore di Bisanzio la costa adriatica, compresa la capitale Ravenna, e tutto il territorio a sud della Toscana ad eccezione dei ducati longobardi di Spoleto e di Benevento.

Liutprando decise di intervenire allorquando nei territori italiani si diffuse lo sdegno per l’appoggio dell’imperatore all’eresia iconoclasta.

La sua campagna militare iniziò dall’area del ducato romano, ovvero da quella circoscrizione territoriale comprendente Roma che dipendeva dall’Impero e tagliava in due la Longobardia.

Il Papa, vescovo di Roma, grazie alla posizione morale conferitagli dal primato di San Pietro e ribadito nei concilii, era a capo di una organizzazione ecclesiastica ai quali si erano sottomessi i Franchi, i Visigoti, i Burgundi, gli Anglo sassoni e gli stessi Franchi, ma non deteneva alcun potere politico.

Di fronte all’avanzata di Liutprando si sentì minacciato, ritenendo fosse preferibile subire l’autorità di un imperatore eretico ma lontano piuttosto che quella di un energico sovrano vicino.

Nel 728 Liutprando conquistò la citta di Sutri e il suo castello, sottraendoli alle forze bizantine, papa Gregorio II gli chiese però di rinunciare ad essi.

Liutprando, re cattolico e molto devoto al papa, ubbidì ma, invece di restituire i territori ai Bizantini, con un gesto di distensione politica molto significativa li donò ai “beatissimi apostoli Pietro e Paolo”. La donazione aveva ad oggetto la cessione gratuita alla chiesa di Roma oltre che di Sutri di alcuni castelli laziali, quali Bomarzo, Orte ed Amelia. Questa donazione viene considerata il primo passo per la costruzione del patrimonio di San Pietro, ovvero l’inizio del dominio temporale della Chiesa che sarebbe durato fino al 1870.

A conferma di questa tesi viene citato l’evento storico della nascita della “Repubblica di San Pietro” nell’VIII secolo, intesa non solo come Stato dei Papi ma anche come entità politica autonoma, dotata di proprie strutture di governo e di un territorio. In ogni caso va sottolineato il valore simbolico della donazione di Sutri, segnando tale atto il riconoscimento di una sovranità che di fatto il papa andava ad esercitare sui territori romani a discapito del governatore bizantino.

Sutri si vanta di aver dato illustri natali, primo fra tutti, nel secolo IX al Paladino Orlando , protagonista di numerose opere di gesta cavalleresche, figlio di Berta, sorella esule di Carlo Magno, rea di aver intrattenuto una relazione con un uomo di umili origini. E forse di origine sutrina è anche il detto "non è più il tempo che Berta filava!!", pronunciato dall’illustre madre alla presenza di Carlo Magno, di passaggio a Sutri..

Luogo di investiture, incontri e concilii, si ricorda nell’800 lo storico incontro nel castello tra lo stesso Carlo Magno e Leone III prima della solenne incoronazione a Roma. Qui nel 1046 l’Imperatore Enrico III fece eleggere Papa Clemente III e nel 1111 venne ospitato il celebre concilio tra Pasquale II e l’Imperatore Enrico V che metteva fine alle lotte per le investiture. Nel 1166 la città fu assediata dalle truppe del Barbarossa in marcia verso Roma .Nel 1244 vi si rifugiò Innocenzo IV in lotta con Federico II di Svevia.

Per Sutri passava e passa tuttora la via Francigena, percorsa all’inizio del primo millennio da folle di pellegrini per raggiungere i luoghi santi della religione cattolica, in particolare Roma .Per questa via transitarono con gli uomini culture, emblemi e linguaggi diversi ed ancora oggi sono rintracciabili frammenti e ricordi di questi passaggi.

In questo periodo Sutri fu altresì oggetto di attenzione da parte di letterati che ne esaltarono le bellezza naturali. Così la descriveva il Petrarca in una lettera al cardinale Colonna: “..A sole due miglia sta Sutri, sede diletta a Cerere e sede di antica Colonia, secondo che dicono di Saturno ove non lungi dalle mura mostrano il campo che narrano fosse il primo in Italia a ricevere la sementa del grano…..Cingono d’ogni parte il paese colline senza numero, né troppo alte né di malagevole salita e di nessun impedimento allo spaziar della vista, infra le quali s’aprono sui convessi fianchi ombrose e fresche caverne e sorge frondoso il bosco a riparare l’ardore del sole….Qui d’acque dolcissime ne’ bassi fondi il mormorio, qui cervi, damme, cavrioli…Taccio de’ buoi e de’ domestici armenti …e de’naturali tesori dei vicini fiumi, dei laghi e del mare che anch’esso è poco distante…”

Purtroppo però lo scontro tra guelfi e ghibellini cui assistette Sutri per molti anni culminarono nell’incendio che distrusse il borgo nel 1433 ad opera di Niccolò Fortebraccio capitano di ventura, .Da quel momento si ebbe un rapido declino dell’importanza demografica ed economica dovuto anche al dirottamento delle rotte commerciali sulla Cassia Cimina a favore di Ronciglione, fortemente sviluppata dai Farnese. Sutri si ridusse a cittadina rurale di secondo piano nello Stato pontificio. Alla fine del XVIII secolo fu conquistata dai Francesi e accomunata a Ronciglione. Fu restituita allo Stato Pontificio nel periodo della Restaurazione

Testimonianza di questo illustre passato possono rinvenirsi nelle innumerevoli opere d’arte a noi pervenute dalle diverse epoche e conservate con grande attenzione e perizia dall’amministrazione comunale e dalle istituzioni competenti: la necropoli etrusca, l’anfiteatro, la chiesa rupestre della Madonna del Parto, il Duomo per citare solo alcuni esempi. Influenze culturali e religiose miste a credenze popolari, miti e realtà, leggende, storia e suggestioni si rincorrono e si intrecciano nell’evoluzione di questo territorio e delle sue molteplici manifestazioni espressive. Ma di queste come del contesto socio- economico della cittadina e delle sue potenzialità di sviluppo si parlerà in successivi numeri della rivista.

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