Molti giovani che studiano Scienze Politiche con l’aspirazione di fare la carriera diplomatica, in questo momento, notano e denotano diverse contraddizioni che talvolta mettono in cattiva luce la capacità di chi le cose ai giovani dovrebbe insegnarle.
Un professore di Storia dei trattati e di Politiche internazionali ha tra i suoi obiettivi quello di fornire le conoscenze di base per l’analisi e la comprensione del sistema politico internazionale contemporaneo, prendendo le mosse, ad esempio, dalla Conferenza della Pace di Parigi del 1919 e giungendo alla dissoluzione dell’URSS, nonché fornendo nozioni e conoscenza di base per l’analisi e la comprensione dei principali problemi della politica estera. Inoltre per quanto riguarda la pace ed i relativi trattati si potrebbe soffermare sui problemi del sistema politico europeo nel primo dopoguerra, sulle trasformazioni tra le varie crisi interne e le riparazioni, oltre che sul problema extra europeo. Questi temi sono solo una parte di una vasta disciplina che può stimolare le riflessioni dei nostri giovani che hanno ambizioni di lavorare a livello internazionale.
Certamente su questo livello, guardando oltreoceano, gli avvenimenti di questi ultimi giorni, nelle menti dei nostri giovani avranno fatto emergere (me lo auguro) più di qualche considerazione critica, certamente di tipo culturale ma anche riguardante la comunicazione e le scienze che studiano l’opinione pubblica e i sondaggi. Questi si sa che di per sé non sono perfetti, i questionari che vengono posti o le domande dipendono da più fattori: dalla riservatezza, dalla reale volontà di rispondere, dalle probabilità di dare una risposta di circostanza o di dare una risposta di opposizione. Noi europei ed in particolare noi italiani, quando volevamo fare bella figura con i nostri collaboratori non perdevamo tempo e citavamo l’esempio americano su tutti i campi e tutti i settori. Di questi tempi, nel caso dei sondaggi, ma non solo, l’esempio americano non ha certo fatto bella figura.
Nell’ambito della comunicazione, dobbiamo tenere conto che questa ha dei risvolti, provoca degli effetti, delle conseguenza, uno delle leggi più importanti è quella di non replicare quando si sbaglia. La posizione migliore è normalmente quella di ammettere la propria colpa e di dire semplicemente: “ho sbagliato”. In questo nell’ecosistema mediatico e della comunicazione oltreoceano e anche nel vecchio continente più di qualcuno potrebbe fare mea culpa. In tutto ciò chi è stato truffato? Il povero lettore dei quotidiani italiani ed esteri o i vari network televisivi e radiofonici che hanno dimostrato come qualche giovane che si impegna in una tesi di laurea copia senza fare le adeguate ricerche? I professionisti della comunicazione non possono comportarsi come un gregge di pecore che seguono il capofila senza sapere la destinazione, nell’attesa che subentri un riferimento che con autorità indichi la giusta strada da intraprendere.
Un ultimo punto va fatto sulle lobby che non possono sposare cause totalmente perse come di recente si è verificato per le elezioni USA di Trump. Noi in questo caso, visto che si è messo in gioco anche Papa Francesco condividiamo la sua posizione e diciamo: “lasciamolo lavorare e poi sarà giudicato”.