Il tasso di disoccupazione giovanile, ben oltre il 38%, richiede un intervento urgente da parte delle Istituzioni, ma con la consapevolezza che il fenomeno richiede molto tempo per essere riportato a livelli fisiologici. C’è infatti il rischio che i politici, pur di "portare a casa" un risultato che sia motivo di vanto nei dibattiti elettorali, sprechino le poche risorse disponibili in interventi utili solo nel breve periodo. Invece si deve riflettere sulle cause della disoccupazione giovanile per costruire una strategia che ne riduca l’incidenza anche per il futuro, affiancando misure di breve e di lungo periodo.
In primo luogo, la scuola e l’università devono tornare ad essere rigorose, anche se più impegnative: sarà più facile trovare lavoro con una maggiore competenza; per coloro che sono già usciti dal circuito della formazione, è urgente costruire percorsi di riqualificazione.
Il mercato del lavoro oggi soffre la distorsione dell’immagine relativa ai lavori manuali: mestieri che richiedono abilità e impegno, e che potrebbero dare soddisfazione non solo sul piano economico ma anche quale manifestazione delle proprie capacità. Imprese ed artigiani chiedono fornai, tornitori, piastrellisti, sarte, falegnami, mentre i giovani ambiscono ad attività di altro genere per un mero pregiudizio sociale, che li confina nel limbo della disoccupazione. Agire sulla percezione del lavoro manuale, soprattutto artigiano, potrebbe essere molto utile per le imprese, e darebbe una chance lavorativa a molti giovani, che dopo anni di studio sono sfiduciati e non riescono a progettare il loro futuro.
In entrambi gli aspetti riportati, serve una cambiamento importante, che i politici temono di fare per non inimicarsi l’elettorato. Una mossa egoistica e miope, che frena il futuro dei nostri giovani.