La spending review, in contrapposizione ai tagli lineari, consente alla politica di esprimere i suoi orientamenti, compiendo scelte che, favorendo alcune aree della spesa pubblica a discapito di altre, riflettono una ben precisa visione della società. Ne sono esempi le convinzioni della destra nel difendere le spese "per la sicurezza", ovvero polizia e controllo del territorio, o della sinistra nel salvaguardare le spese "per la cultura", ovvero la scuola, i musei, le arti. Il dibattito politico, a cui si sommano attività lobbyste, rischia di bloccare e rallentare il processo decisionale, che invece sarebbe molto più rapido con la logica dei tagli lineari.Analogo problema si pone nello strutturare le politiche per la crescita. Attualmente circa 50 miliardi di euro l’anno sono distribuiti "a pioggia" alle imprese, senza criteri di efficienza e/o di meritocrazia, senza che la politica si impegni ad elaborare criteri valutativi basati sul merito e sull’opportunità. I fondi attualmente destinati alle imprese sono il risultato solo della disordinata stratificazione di scelte del passato.
.Ora, agire per la crescita significa innanzitutto procedere ad un’attenta spending review sui fondi già destinati al mondo produttivo, che rifletta le scelte che la politica vuole compiere per lo sviluppo. Alcuni settori e tipologie di aziende riceveranno più aiuti, altre vedranno ridursi il contributo dello Stato e dovranno essere gestiti i loro malumori. Ma promuovere la crescita richiede innanzitutto che siano compiute delle scelte, che la politica dovrà sostenere con coerenza, perché solo un efficace piano industriale può assicurare lo sviluppo economico.