E’ "solo" un mercato digitale

“L’innovazione impone uno sforzo di riorganizzazione dell’azienda”. Così ha aperto il convegno di Anitec-Assinform Edoardo Garrone, presidente del Sole 24 Ore. I numeri del mercato digitale sono in crescita e sono chiari: nel 2018 il mercato digitale in Italia valeva 70,474 miliardi (+2,5%) ed è prevista una crescita che va verso 72,22 miliardi (+2,5%) nel 2019 e a 76,535 miliardi (+3,15) nel 2021.
 
Non serve dire che il “quadro di salute” del mercato digitale ha buone aspettative di vita ed è proprio per questo motivo che il Paese ha necessità di rinnovarsi, adattandosi quanto più possibile alle nuove tecnologie. Come? Investendo nelle infrastrutture. A livello tecnologico possiamo stare al passo con la rivoluzione ma tenendo presente che il vero driver dello sviluppo del Paese è proprio il digitale. Non abbiamo materie prime e fonti energetiche per questo è necessario focalizzarsi sul lavoro e su come crearne di nuovi. Sarà un processo doveroso e altrettanto doveroso sarà far capire alla società, ai lavoratori che ci deve essere un cambiamento anche culturale/mentale. Il digitale non sostituirà in toto il lavoro degli umani. Forse accadrà con prepotenza ma è un supporto e un’assistenza che non può far altro che migliorare la qualità e l’efficienza di una mansione e, dunque, della produttività.
 
È stato appurato che con la crescita dell’Ict è cresciuto anche il Pil. Nel momento in cui si è stabilizzata non è più cresciuto. La misura che si vorrebbe adottare è quella dello “switch off”, se necessario. Ovvero, coloro che non si adegueranno alla rivoluzione digitale, resteranno fuori. È piuttosto evidente che è una provocazione dire “non possiamo aspettare tutti” ed un incentivo ad allinearsi, nessuno escluso, a questa trasformazione.
 
Nel 2018 le grandi imprese hanno investito per il 59% in Ict contro il 19% delle medie imprese e il 22% delle piccole imprese. Stiamo per entrare negli anni 20 del Duemila ed è inconcepibile che non ci siano talenti, che ci sia una limitata propensione al rischio e alla ricerca. Tutto ciò porta proprio a quel gap culturale/mentale che si citava sopra e che ci fa essere indietro rispetto al resto del mondo. Serve un Piano nazionale per far sì che si possano adottare le tecnologie più avanzate in concomitanza con il Piano di Impresa 4.0.
 
Abbiamo il dicastero dell’Innovazione, rimarchevole, che rischia di essere come dei coriandoli a natale se non velocizza il processo di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche e contribuisca a creare le infrastrutture necessarie per commercializzare i servizi presenti sul nostro territorio.
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