Il «canone antenne» introdotto dal comma 831 bis D.L. 77/2021, infrastrutture di telecomunicazioni e gli enti locali: profili di specialità e problematiche applicative.

Avv. Alessandro Biamonte

  1. Profili ricostruttivi

L’avvento, in sede di conversione del D.L. 77/2021, della previsione di una nuova fattispecie di canone patrimoniale, denominato «canone antenne», differente da quello dovuto per l’occupazione del suolo comunale con cavi e condutture per la fornitura di servizi di pubblica utilità (disciplinato dall’art. 831 della L. 27.12.2019 n. 160) ha dato luogo a molteplici spunti di riflessione in ragione dei profili problematici sottesi.

La norma dal co. 831 bis così introdotta (in forza del comma 5 ter dell’art. 40 del D.L. 77/2021) si è caratterizzata per una indubbia criticità, sia in ragione della previsione di un canone fisso di 800 euro, immodificabile dall’ente (a prescindere dalla superficie occupata dall’impianto) – profilo che introduce una evidente compressione sul piano della gestione economica dello stesso –, sia in considerazione delle ricadute sul piano amministrativo procedimentale, avuto riguardo sia alla corretta sfera di efficacia (perimetro normativo) ai fini dell’applicazione del disposto normativo alle sole reti e infrastrutture insistenti sul patrimonio indisponibile comunale, nonché alla decorrenza delle prescrizioni in essa contenute.

E’ stato peraltro osservato come la norma contempli una ingiustificata e irragionevole detassazione degli impianti correlata a una perdita di gettito per i Comuni sintomatica di una condizione di disparità rispetto agli impianti siti su aree private.

Al fine di inquadrare la questione, occorre muovere dall’analisi esegetica del testo normativo del comma 5-ter dell’art. 40 del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, così come convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108:

“831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell’articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all’articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82″.

La specialità, e dunque l’intrinseca differenza del canone disciplinato dall’art. 831 bis è di tutta evidenza, laddove si prevede che esso si applichi alle occupazioni che «non rientrano nella previsione di cui al comma 831». L’essenziale peculiarità che distingue le occupazioni disciplinate dai commi 831 rispetto a quelle di cui al co. 831-bis è da individuarsi nelle modalità di calcolo del canone dovuto, posto che la determinazione quantitativa del canone per le occupazioni previste dal comma 831 è in stretta interrelazione con il numero delle utenze, a differenza del comma 831-bis.

Sul punto, a conferma di quanto evidenziato, è utile richiamare il precedente della Corte di Cassazione (ancorché relativo all’ipotesi prevista dall’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, anch’essa direttamente collegata al numero di utenze finali: ordinanza 23257/2020), secondo cui il canone deve essere applicato sui metri lineari finali in assenza di esatta quantificazione. 

  1. Decorrenza della previsione sul «canone antenne».

La previsione normativa trova il suo incipit nella data dell’1 gennaio 2022.

E infatti l’ultimo periodo del comma 831-bis individua nel 30 aprile di ciascun anno il termine di versamento del canone in questione, dovendo considerarsi che la novella al D.L. 77/2021 – introdotta dalla legge di conversione del D.L. 29 luglio 2021 n. 108 – è divenuta efficace circa la metà del mese di agosto 2021.

Inoltre, la previsione si è cristallizzata in un momento successivo rispetto al termine per l’approvazione delle tariffe del Canone Unico (coincidente con quello per l’approvazione dei bilanci di previsione, 31 maggio 2021, in via generale, e 31 luglio 2021 per gli Enti che abbiano fatto ricorso al Fondo anticipazione liquidità). Ne discende che l’introduzione a far data dall’1 gennaio 2022 esclude anche l’eventuale diritto al ricalcolo o alla ripetizione, non potendosi ipotizzare la retroattività della norma (non contemplataq) né la correlata copertura finanziaria.

  1. Gli impianti soggetti al «canone antenne».

Il canone così previsto è dovuto dagli «operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259».

Con riferimento all’individuazione della tipologia di impianti è utile richiamare le nozioni di reti di «comunicazione elettronica» che di “risorse collegate”.

Quanto alle «reti di comunicazione elettronica» esse vengono qualificate dall’articolo 1 del D.Lgs 259/2003 alla stregua di quei «sistemi di trasmissione e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse, inclusi gli elementi di rete non attivi, che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse (a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet), le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato».

Con riferimento alla definizione di “risorse collegate” esse individuano «i servizi correlati, le infrastrutture fisiche e le altre risorse o elementi correlati ad una rete di comunicazione elettronica o ad un servizio di comunicazione elettronica che permettono o supportano la fornitura di servizi attraverso tale rete o servizio, ovvero sono potenzialmente in grado di farlo, ivi compresi tra l’altro gli edifici o gli accessi agli edifici, il cablaggio degli edifici, le antenne, le torri e le altre strutture di supporto, le guaine, i piloni, i pozzetti e gli armadi di distribuzione».

  1. L’applicazione del canone agli impianti istallati sul patrimonio indisponibile degli enti. L’ambito di applicazione della norma.

La sfera di efficacia della norma è da considerarsi rivolta in modo incontrovertibile agli impianti ubicati in aree ricadenti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dell’Ente, conformemente all’art. 93 del Codice delle comunicazioni elettroniche, d.lgs. 259/2003, esclusivamente al suolo demaniale o al patrimonio indisponibile, atteso il rinvio al comma 2 – alla disciplina della Tassa Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche (TOSAP) ovvero del Canone Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche (COSAP), ora riassorbite dal canone unico.

L’articolo 93 del d.lgs. 259/2003, nel garantire per tutti gli operatori uniformità di trattamento e non discriminazione, contempla una riserva di legge statale prevendendo il divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni che non siano stabiliti per legge. Questo a garanzia di parità di  trattamento nelle differenti Regioni, Province o Comuni.  E infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 47 del 26 marzo 2015, ha sancito la illegittimità di quelle norme regionali che prevedano il pagamento di oneri non previsti dalla legge statale viola l’art. 117 della Costituzione, atteso il contrasto con il precetto costituzionale della norma interposta dell’art. 93 del D.lgs. 253/2003, che costituisce espressione di un principio fondamentale della materia «ordinamento della comunicazione».

Ciò premesso, la Corte Costituzionale, pur ribadendo il divieto di imporre oneri non previsti dalla legge statale, non pone in crisi la natura privatistica del rapporto intercorrente tra Comune e gestori allorquando l’area di installazione dell’impianto afferisca al patrimonio disponibile dell’ente. In tal caso il canone di locazione è dovuto e non trovano applicazione le regole del Canone unico.

Il comma 819 della legge 27 dicembre 2019, n.160 alla lettera a) prevede quale presupposto per l’applicazione del canone unico l’occupazione di aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti. Dunque, l’art. 93 D.Lgs. 259/2003, nel fare salva l’applicazione della Tosap e del Cosap (ora Canone Unico), si riferisce esclusivamente alle fattispecie in cui le imposizioni sono dovute ai sensi della normativa che le prevede, escludendo spazi ed aree facenti rientranti nel patrimonio disponibile dell’ente.

Dunque devono ritenersi esclusi dall’applicazione del canone unico gli impianti collocati su beni patrimoniali disponibili dell’ente, la cui installazione è disciplinata convenzionalmente in virtù di contratti di locazione assoggettati alla disciplina privatistica. In tale ultimo caso la pubblica amministrazione si comporta iure privatorum, come ogni privato, e, dunque, può, in modo legittimo, non trovando applicazione la disciplina del canone unico, contemplare la corresponsione  di un canone di locazione in capo al soggetto che si avvalga del suolo pubblico per l’installazione dell’impianto.

 

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