Il ripensamento della delocalizzazione in Cina delle fabbriche europee si sta compiendo; è notizia di questi giorni che Siemens investirà 1 miliardo di euro in nuove fabbriche e strutture in Germania, mentre il Governo tedesco ha pubblicato un documento strategico che evidenzia i rischi economici e per la sicurezza degli investimenti in Cina.
Il cancelliere Olaf Scholz ha visitato il sito dell’azienda a Erlangen, nel sud della Germania, per l’annuncio che includeva 500 milioni di euro per espandere e modernizzare una fabbrica che produce componenti elettronici e controlli per macchine utensili. L’investimento aumenterà la capacità produttiva del 60% quando sarà completato nel 2029, anche se non verranno creati nuovi posti di lavoro immediatamente nel sito che attualmente impiega 3.500 persone. Siemens vuole che la fabbrica diventi una vetrina per la produzione ad alta tecnologia, con nuovi edifici di produzione e ricerca e sviluppo pianificati e simulati digitalmente.
La notizia dell’investimento di Erlangen è arrivata negli stessi giorni della pubblicazione da parte del Governo di un documento in risposta a una Cina più assertiva, che includeva avvertimenti sui rischi per la sicurezza degli investimenti nel paese. Infatti la Germania vuole anche adeguare il suo elenco di merci soggette a controlli sulle esportazioni.
Le crescenti tensioni tra Pechino e l’Occidente hanno reso molte aziende diffidenti nei confronti della loro dipendenza dalla Cina, in particolare con le decisioni degli Stati Uniti di bloccare l’accesso cinese alle ultime tecnologie.
Siemens, che il mese scorso ha presentato un piano di investimenti globali da 2 miliardi di euro, ha affermato che sta investendo in Germania per accelerare la crescita e anche “aumentare la sua resilienza”, in primo luogo riducendo la sua dipendenza da “alcuni paesi” (senza nominare direttamente la Cina). L’investimento tedesco fa parte del piano di sviluppo, che vedrà ulteriori investimenti in Europa e negli Stati Uniti. Una visione dell’innovazione tecnologica centrata sull’Occidente, in cui la Cina non è più vista come partner privilegiato.
