Anche l’Europa vietaTiKTok sui dispositivi di lavoro

La decisione della Commissione europea di vietare TikTok sui dispositivi legati al lavoro è in vigore dal 1 marzo presso il braccio esecutivo dell’UE – la Commissione europea -, i due colegislatori – il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo -, il servizio diplomatico – il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE ) – e l’organismo di controllo del bilancio con sede in Lussemburgo – la Corte dei conti europea (CCE). La misura si applica ai dispositivi aziendali ma anche ai dispositivi personali che potrebbero essere collegati alla rete mobile ufficiale fornita dalle istituzioni all’interno delle loro sedi.

La decisione ha innescato un effetto domino a Bruxelles, coinvolgendo anche i due principali organi consultivi del blocco, il Comitato europeo delle regioni (CdR) e il Comitato economico e sociale europeo (Cese); il Mediatore europeo, attualmente guidato da Emily O’Reilly, ha bandito TikTok dai dispositivi aziendali poiché la sua sicurezza informatica è gestita dal Parlamento europeo ed è quindi tenuto a seguire le sue linee guida. La Corte di giustizia dell’UE (CGUE) protegge i dispositivi di lavoro limitando l’accesso solo alla app strettamente necessarie, quindi già non era possibile istallare TikTok su essi.

TikTok è di proprietà di ByteDance, società con sede a Pechino, elemento che ha sollevato serie preoccupazioni per violazioni della privacy, spionaggio e trasferimenti di dati al Partito Comunista Cinese. Nessuna delle istituzioni europee ha menzionato esplicitamente il Partito Comunista Cinese o il governo centrale di Pechino come un fattore nel loro processo decisionale, anche se il collegamento implicito ha fluttuato pesantemente su ogni annuncio.

I sospetti su TikTok, tuttavia, sono tutt’altro che nuovi e hanno acquisito importanza negli ultimi anni quando la piattaforma si è trasformata in un fenomeno globale, attirando milioni di adolescenti al suo feed basato su algoritmi, mentre le relazioni tra Occidente e Cina si sono notevolmente inasprite.

I timori sono emersi in prima linea all’inizio di novembre, quando TikTok ha pubblicato un aggiornamento sulla privacy in cui la società ha ammesso apertamente che alcuni dei suoi dipendenti con sede in Cina potevano accedere ai dati personali degli utenti europei. Una legge del 2017 obbliga tutti i cittadini e le organizzazioni cinesi a “sostenere, assistere e cooperare” con il servizio di intelligence nazionale del Paese. La legge può anche costringere le società cinesi, comprese le loro sovvenzioni all’estero, a consegnare i dati al governo centrale, se richiesto.

La Commissione irlandese per la protezione dei dati (DPC) ha indagato sui trasferimenti di dati di TikTok in Cina e sulla sua conformità alle leggi sulla privacy dell’UE da settembre 2021.

TikTok ha ripetutamente difeso la sua indipendenza dal governo cinese, affermando che  i divieti erano “fuorvianti e basati su idee sbagliate fondamentali”. Addirittura, l’ambasciatore cinese presso l’Unione europea, Fu Cong, si è rivolto a Twitter per condannare i divieti, dichiarandosi “Molto deluso dal fatto che le istituzioni dell’UE impongano restrizioni all’uso di TikTok sui dispositivi del personale”,

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