Il Paese e la politica

La stampa del nostro Paese da molto tempo mette in luce il connubio politica e realtà del paese, connubio che per molti palesa posizioni tutt’altro che convergenti.

In questi giorni si è svolta l’assise del PD ed i mass-media hanno creduto bene, a tutti i livelli e a tutte le ore, di propinarci – in pillole e non solo – lo stato di salute del partito nemmeno fosse una trasmissione calcistica minuto per minuto. Con una differenza: che gli sportivi seguono con interesse gli avvenimenti, gli altri un po’ meno. Tutti hanno parlato degli scontri, sia nell’ambito del partito e sia nei confronti dell’apparato in generale. Si è parlato di date, di congresso, di assemblee, nessuno ha voluto parlare di problemi che affliggono il Paese: giovani, lavoro, debito pubblico e mi fermo qui. Privilegi? Non dobbiamo sorprenderci se le elezioni saranno o verranno celebrate dopo le date che riguardano il mondo politico ed i relativi vitalizi.  Molti politici che non hanno nessuna professione, lottano per motivi personali affinchè si possa andare avanti conquistando mese dopo mese, per maturare alcune ricadute (vedi il vitalizio). La preoccupazione è quella del ritorno a casa e non c’è ne mestiere e ne professione. Se non hanno maturato il vitalizio pensionabile e non riescono a riciclarsi, rischiano di girarsi i pollici e uscire fuori dallo scenario politico.

Verso Renzi vi è un odio antropologico, anche se per taluni è una persona normale che ha avuto particolare successo e particolare consenso, almeno per un periodo di tempo. Il vento è cambiato e notiamo segnali diversi, sia dal mondo dei magistrati e sia da quello dei giornalisti. Questa situazione, in un paese emotivo come il nostro è solo ed esclusivamente a favore di Renzi. Marx e il partito comunista italiano ormai sono oggetto di studio per i giovani delle scuole medie, delle scuole superiori e, per chi vuole, nel mondo accademico e universitario. I nostalgici considerano ancora la loro storia personale politica della sinistra italiana (capire cosa vuol dire sinistra italiana). Renzi certamente non appartiene a questa storia, sia per età e sia per comportamento. Non è più il tempo delle condivisione dell’era Prodi, in un momento difficile serve anche il momento della decisione. Non è possibile convocare il cosidetto parlamentino per ogni decisione come erano abituati politici di stampo remoto, in quanto, o l’europa o le diverse istituzioni vogliono risposte rapide ed immediate.

Un’altra comunicazione politica che non è passata tramite i mass-media riguarda  “il simbolo”. Nelle scissioni, normalmente il perdente è sempre chi esce. Molti puntano al proporzionale, perchè con il 4-5-6 % hanno il loro piccolo potere e possono condizionare la vita del paese ed il relativo governo del momento. Gli atteggiamenti di questi giorni rispecchiano perfettamente la cosidetta “Prima Repubblica”. I saggi ex PCI, attuali PD, avevano ed hanno un compito importante, quello di dare un contributo di crescita alle nuove leve e quindi ai giovani, invece notiamo che il contributo è solo quello di affondare.

La minoranza del PD già si era espressa nei confronti del governo Gentiloni: “voteremo valutando di volta in volta”; escono ma subito sono pronti a dire: “vogliamo dialogare”. Ma non è meglio dialogare prima piuttosto che dialogare dopo? È possibile mettere da parte le questioni personali che hanno il più delle volte un ruolo di tipo tattico e non strategico? Si andrà a votare nel 2018? Ma chi lo dice? Può essere vero se non avviene la scissione. Se invece questa si verifica, avremo certamente due nuovi gruppi, uno alla camera e uno al senato che si rifletteranno anche sulle politiche regionali e locali, che secondo le esigenze del gruppo politico voteranno a favore o contro il governo Gentiloni,  un rischio che molti conoscono, ma pochi lo sottolineano.

Un ultimo punto riguarda il delicato ruolo della magistratura che dovrebbe fare lo sforzo di rimanere il più possibile fuori dagli schieramenti politici, evitando di candidarsi a questo o a quel partito secondo convenienze ed opportunità. Giusto dire che il magistrato ha il diritto di scegliere, nessuno glielo vieta, ma possibilmente dovrebbe farlo dopo aver completato il suo percorso lavorativo con serietà ed autonomia, mandando un segnale serio  e concreto a tutto il paese, di un magistrato che “abbia testa e piedi” come tutti noi e sappia mettere a frutto il senso di responsibilità proprio, evitando di entrare nel mare politico durante l’esercizio del suo mandato lavorativo, quale è quello di giudicare.

Altri articoli dell'autore

Advertisment

Puoi leggere anche...

567FansLike
1,441FollowersFollow

Ultime notizie

Agroalimentare e la sua filiera

I lettori di Sentieri Digitali hanno avuto modo di comprendere l’impegno costante per un settore così strategico del nostro Paese e dell’Europa. Nell’ambito della...

L’acqua

L’acqua vuol dire vita e quindi è un bene primario. Senza fare polemiche è ben rappresentare che la rete idrica del nostro paese a dir...

Comunità Energetica

Il Clean Energy for Europe Package è basato su una proposta della Commissione Europea del Novembre 2016 e definisce gli obiettivi e la strategia...

Vuoi avere le notizie aggiornate ogni mercoledi?

Iscriviti alla newsletter

LinkedIn
LinkedIn
Share