Da decenni si discute sull’evoluzione del sistema scolastico, che deve confrontarsi con i cambiamenti della società e dell’economia, oltre che con l’impatto sempre più ampio delle nuove tecnologie nella vita quotidiana. Riflessioni di questo genere sono avvenute anche in altri Paesi occidentali, che hanno provveduto ad aggiornare i programmi di studio, rivedere tempi e modi di apprendimento, elaborare criteri di coinvolgimento dei giovani sempre più efficaci.
Spicca, purtroppo in negativo, il livello del dibattito italiano. Nonostante l’appello alla valorizzazione del “merito” (contenuto, per accrescerne la valenza simbolica, perfino nel nome del Ministero preposto), e quindi dell’impegno personale, dello studio responsabile e di un approccio serio alla propria crescita culturale, almeno due elementi di discussione oggi sui media svettano per la loro “tendenza al ribasso” nell’impegno dei giovani.
Il primo, è la proposta di non assegnare voti più bassi di “quattro” nella valutazione decimale, lanciata dall’assessore alla scuola in tedesco in Alto Adige, in quanto voti bassi in pagella “non hanno alcun valore educativo e pedagogico”. Affiancato da esponenti del sindacato quale il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, secondo cui “la valutazione […] rappresentata dal sistema di voti decimale è centrata sulle prestazioni e sta alla base di un’idea di scuola selettiva e non autenticamente inclusiva”.
Significa appiattire su un generico “quattro” situazioni eterogenee che spaziano dal fannullone totale (la cui famiglia verrebbe invece stimolata e coinvolta da valutazioni quali “due” oppure “tre”) a chi invece ha delle lacune corpose che vanno colmate, ed un “quattro” costituisce un significativo avviso. Perché un voto basso non è “non inclusivo”, ma è un campanello d’allarme che va ascoltato con attenzione, altrimenti il giovane sarà escluso, successivamente, dal mercato del lavoro ! Perché nessuna impresa assume chi non ha competenze adeguate.
Il secondo tema riguarda l’orario di ingresso a scuola. Tv on demand, social media e serate con gli amici hanno provocato lo spostamento degli orari nei giovani, che ormai vivono come abitudine normale iniziare le ore del riposo notturno dopo mezzanotte. Ovvio, che poi l’indomani non si può iniziare la scuola alle otto di mattino! Ma qui ci si dimentica che la priorità dello studente (e, speriamo, anche della sua famiglia) è l’apprendimento scolastico, e quindi tutto il resto della giornata deve uniformarsi al rispetto di tali orari. Anche in questo caso, poi i giovani dovranno affrontare gli orari di lavoro richiesti dalle imprese, e non potranno giustificare il loro scarso rendimento con la carenza di sonno dovuta ai loro impegni serali.
Indebolire l’impegno scolastico, spostando gli orari di entrata a più tardi, che poi significa anche ridurre la durata delle lezioni, non è una buona riforma: insegna ai giovani che l’impegno può attendere, prima svaghi e divertimenti. Ma la vita richiede impegno: a studiare, a gestire la propria giornata, a capire quali sono le vere priorità.
La scuola deve preparare a questo, non istillare l’idea che impegno e regole sono inutili. Si spera che il ministro Valditara saprà resistere a questi inviti a deresponsabilizzare i giovani e a ridurre il loro impegno scolastico.