Produttori Ict: la classifica di sostenibilità ambientale di Greenpeace

La salvaguardia dell’ambiente è diventata un’esigenza primaria da tenere presente nei processi produttivi, anche se è un costo per la singola azienda. Ovviamente, i vincoli di bilancio tendono a comprimere le spese che non sono strettamente legate alla produzione e alla commercializzazione dei beni, rispettando quasi esclusivamente la normativa vigente. Ma spesso le leggi non sono in grado di obbligare le aziende ad un comportamento responsabile sul piano ambientale, facendo uso di tutti gli strumenti attualmente disponibili per ridurre l’impatto delle produzioni sull’ecosistema.

L’utilità delle associazioni ambientaliste è nel mettere in luce il comportamento delle aziende, in modo che esse possano essere valutate dai consumatori. In questo modo, l’attenzione verso l’ambiente dimostrata effettivamente dalle imprese diventa un elemento delle loro politiche di responsabilità sociale che ne aumenta la popolarità presso il pubblico migliorando l’immagine ed incrementando i potenziali consumatori.

Il settore dell’elettronica di consumo, dai personal computer ai telefoni cellulari, dalle console di videogiochi ai televisori, è un potenziale produttore di materiali fortemente inquinanti. Per questo motivo, Greenpeace compie un monitoraggio continuo sull’operato delle principali aziende del settore, evidenziando al consumatore il loro comportamento sul piano ambientale.

Recentemente, Greenpeace ha pubblicato la quindicesima edizione dell’eco-guida sulle società high tech, in cui è rappresentato l’impegno delle aziende del settore Ict nel limitare l’uso dei materiali più inquinanti nei loro processi produttivi.

La finlandese Nokia conferma il suo primato, con 7,5/10, voto limitato solo dal non avere utilizzato confezioni in plastica riciclata per la vendita dei suoi prodotti. Segue Sony Ericsson (6,9/10), il cui punto di forza è il basso consumo energetico dei suoi apparecchi.

Il gruppo centrale della classifica comprende Philips e Motorola con 5,1/10 ed Apple, Panasonic, Sony e Hp con 4,9/10: tutte aziende che stanno lavorando a migliorare l’impatto ambientale della loro attività.

Sul versante negativo della classifica si trovano Dell, Samsung e Toshiba: esse, disattendendo le promesse già dichiarate ai media, non hanno eliminato dalla catena produttiva la plastica in Pvc e i ritardanti di fiamma a base di bromo. Il commento di Greeenpeace nei loro confronti è severo:

“Non possiamo tollerare passi indietro. Aziende come Apple, Hp e due brand indiani, Hcl e Wipro, stanno già eliminando le sostanze più pericolose: eliminare i veleni dall’high-tech è una pratica possibile e a costi competitivi”.

La peggiore in assoluto è risultata Nintendo, a cui Greenpeace rimprovera diverse carenze: dallo scarso ricorso alle energie rinnovabili, alle limitate informazioni ai clienti in materia di sostenibilità ambientale, dal poco impegno a ridurre le emissioni al ritardo nel rinunciare all’uso del pvc.

Le penalizzazioni nella classifica avvengono sia per il comportamento messo in atto, sia per il mancato rispetto delle promesse. Queste ultime sono considerate le azioni più gravi, perché con i loro annunci di impegno ambientale le aziende hanno in precedenza avuto un ingiusto vantaggio di immagine, successivamente disatteso.

Greenpeace segnala anche una mossa importante di Sony Ericsson, Hp e Acer, che congiuntamente si sono impegnati nell’influenzare il processo di revisione della Direttiva RoHS (Restriction of Hazardous Substances in electronics), chiedendo che essa proibisca l’uso del Pvc e di tutti i ritardanti di fiamma bromurati nei prodotti tecnologici.

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