I continui richiami di Confindustria ad una azione di Governo che operi concretamente per risollevare l’economia nazionale in profonda crisi chiedono un cambiamento profondo non solo alla Politica ma a tutti i cittadini.
I dati sulla crisi della produzione (-15% dell’industria manifatturiera in cinque anni), la disoccupazione, in special modo giovanile e l’inarrestabile crescita del debito pubblico necessitano di un intervento globale, in cui ciascun italiano apporti il suo contributo. Si deve tornare al tempi della Ricostruzione, quando il senso di appartenenza alla comunità era il sentimento prevalente in tutti: dai politici agli industriali, dai lavoratori agli insegnanti. Tutti uniti per il bene comune: questo ha reso possibile il boom economico della fine degli anni Cinquanta.
Oggi solo qualcuno inizia a rendersi conto che si deve cambiare: osservando, ad esempio, che impoverire il Paese fa perdere le elezioni, che dissanguare la classe media provoca la contrazione dei consumi interni e del Pil.
E’ dal mondo degli imprenditori che vengono i primi segni di una nuova sensibilità. E’ il caso di Alessi, leader del Made in Italy per gli oggetti di design, che reagisce alla riduzione del mercato non chiedendo la cassa integrazione, ma pagando i suoi operai per svolgere attività "utili" alla comunità locale: imbiancare le scuole, aiutare gli anziani e i disabili. Attività per le quali il Comune non aveva fondi, e che invece ora potranno essere realizzate; mentre gli operai potranno continuare a percepire il loro stipendio, lavorando al servizio della comunità. Un esempio virtuoso, che invita a riflettere su come ciascuno può impegnarsi per il futuro dell’Italia.