Il rapporto di Glocus su Professioni e Lavoro certifica l’arretratezza italiana nella innovazione tecnologica, evidenziando lo scarso apporto della Internet economy nazionale: 2% del Pil, rispetto al 4% della media europea e al 7% della Germania. L’innovazione nell’ICT sta aggravando il divario di competitività, produttività e crescita tra l’Europa e l’Italia, poiché mentre i nostri partner adottano rapidamente le nuove tecnologie, il nostro Paese è frenato dalla carenza di personale specializzato, dai ritardi nella realizzazione delle infrastrutture e dal peso di leggi e regolamenti che costituiscono costi aggiuntivi.
I giovani con la preparazione adeguata sono pochi; la banda larga è ancora insufficiente, nella PA argomenti come de materializzazione, firma elettronica e open data sono agli albori; le liberalizzazioni non ancora ridotto gli adempimenti (e i costi, non indifferenti) per chi vuole iniziare un’attività di ecommerce. Uno scenario desolante, che oggi compare sulle pagine dei giornali, accompagnato da dichiarazioni di esponenti politici, ma è noto che poi da domani l’interesse sarà di nuovo focalizzato sulla copertura economica per il rinvio dell’aumento dell’Iva (2 miliardi di euro, lo 0,25% della spesa pubblica), esemplare dimostrazione dell’incapacità del Governo di prendere decisioni. Se ne discute da mesi, senza alcun risultato, mentre il Paese è in recessione da anni e i consumi sono tornati a livelli di 30-40 anni fa: nel 2013 saranno immatricolate lo stesso numero di autovetture del 1969 e sono in netto calo perfino i consumi alimentari.
E se non si riesce a spostare, nei conti pubblici, lo 0,25% delle spese, si potranno trovar risorse per aumentare gli investimenti in formazione per i giovani e in infrastrutture digitali? Il gap digitale dell’Italia è destinato ad aumentare.