Lievi segnali di ripresa economica iniziano ad arrestare la discesa del Pil che ha deteriorato la situazione delle imprese e delle famiglie italiane. La crescita economica internazionale sta riprendendo forza e le prime a beneficiarne sono le aziende più esposte verso l’estero.
Ma l’entusiasmo con cui politici e forze sociali commentano le previsioni economiche non si accompagna ad un serio programma di interventi per far fruttare al meglio la positività del ciclo economico; in questi anni l’Italia non ha provveduto alle riforme necessarie ad alleggerire gli oneri e i costi delle imprese, non ha realizzato infrastrutture, non ha migliorato la produttività del sistema pubblico. Dalla banda larga alla digitalizzazione della PA, dalle start up all’eProcurement, il ritardo rispetto agli altri Paesi d’Europa è notevole, e diventa un importante svantaggio competitivo per le aziende nazionali.
La crisi ha bloccato il Paese nella difesa dello status quo di ciascun gruppo sociale, da alcuno dei quali è sorto un tentativo di cambiamento: l’Italia di oggi è la stessa del 2007, solo un po’ più indebitata e con un tasso di disoccupazione più alto. I benefici dell’innovazione tecnologica sono rimasti fuori dalle scuole, dalla PA, dalle aziende, mentre la burocrazia è rimasta identica, costituendo un notevole freno all’iniziativa dei singoli, e i costi della politica non hanno subito alcun taglio.
Anche sul tema delle smart city, uno dei più promettenti a livello di istituzioni locali per innovare la vita urbana, l’Italia non esprime ampi progetti, ma solo piccoli interventi locali, marginali, di nicchia, senza un masterplan significativo.
Infine, l’evoluzione dell’Agenda Digitale evidenzia i ritardi strutturali sul’innovazione e testimonia le difficoltà dell’Italia a trarre beneficio dal progresso tecnologico nell’ICT, che è il vero motore di crescita del Terzo Millennio.