Leggere i quotidiani italiani e non avere nessun altro canale di informazione significherebbe stare al buio. Oggi tra questi autorevoli editorialisti tutti scrivono tutto e l’inverso di tutto. Partono per parlare del valore dell’autenticità in rete, si dichiarano sostenitori di Hillary Clinton e andando nel dettaglio finiscono con l’elogiare Donald Trump, e tra l’altro, il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti d’America, non ha neanche utilizzato le tecnologie comunicative più innovative.
Nessuno prova a fare un’analisi del caso Donald Trump. Per comprendere le superficialità scritte è sufficiente vedere la stampa statunitense del mese di novembre/dicembre e metterla in parallelo con la stampa europea, in particolare con quella italiana, che ha tentato tutto il tempo di ridicolizzare Trump, focalizzandosi prima sul suo sguardo, poi sulla sua mascella e via dicendo su qualunque tratto un minimo grottesco della comunicazione dell’esponente repubblicano.
La verità è che i nostri sondaggisti, o meglio, i nostri editorialisti non ne azzeccano una, come direbbe Di Pietro, neanche in casa “europea”. Sono molto bravi, invece, a dire stupidaggini per giustificare l’errore di previsione commessa. Tutto questo allontana i cittadini dalla politica, almeno in Italia.
Il modo di fare e di agire da parte di taluni è ancorato alla politica di Don Camillo e Peppone che, certamente, ha fatto il suo tempo.
Discreditare l’avversario non rende! Conviene sempre mettere in luce i propri punti salienti della comunicazione politica, con la speranza che vi siano temi in grado di trovare una mera copertura finanziaria, se non altro per far si che non rimangano solo atti di propaganda politica.
Leggendo i giornali americani troviamo invece che Donald Tump con una raffica di Tweet ha risposto a mezzo mondo, compresa la Clinton, ed ancora titoli dicono “Ecco come i giornalisti americani del New York Times e del Washington Post sono caduti nel trappolone teso da Donald Trump”. Insomma contraddizioni ad oltranza. La verità è che il cittadino elettore è stanco, vuole cose nuove che mettono in moto prima lo spirito dei vari soggetti, l’etica e poi gli ideali.
Infine dovremmo cercare di non essere sempre i “Pierini” a casa nostra. Dovremmo guardare all’Europa, almeno su 27 Paesi vederne 26, escluso il nostro, per comprendere gli altri, capire come si comportano, perché ed in che cosa ci differenziamo da essi.
La politica vuol dire anche “politically correct”. Costringere ad un rispetto automatico del vocabolo “politically correct”, pronunciare belle parole non serve e non cambia nulla, servirebbe ben altro.
Il Paese vive molto male, nessuno ha il coraggio di evidenziarlo e, in questo caso, nemmeno Papa Bergoglio che giustamente dalla sua posizione non può che incoraggiare a fare bene, dimenticando persino che bisogna pregare, non solo per lui, ma anche per la pace nel mondo.