La crisi del debito e la fiducia dei mercati

L’evolversi delle misure contenute nella manovra economica in corso di approvazione riflettono la ritrosia delle singole parti sociali e gruppi di interesse ad accettare la realtà dei conti pubblici italiani e l’enorme rischiosità della crescita dei tassi sul debito. Lo spread Btp-Bund, che ha sfiorato i 400 punti esprime non le "forze della speculazione" raffigurate come un’entità maligna che si accanisce contro il nostro Paese, ma i dubbi della comunità mondiale degli investitori, che stimano più rischioso il debito pubblico nazionale. E’ impensabile, oggi, immaginare il default dell’Italia, "too big to fail", troppo grande per fallire senza trascinarsi dietro la moneta unica, ma anche troppo grande per potere essere salvata dall’Europa, come sta avvenendo, pur tra infinite discussioni, per la Grecia.

Nubi di incertezza stanno invadendo tutte le economie occidentali: se gli Usa hanno perso il rating "tripla A", rumors di crisi investono la Francia e persino la Germania, oltre ai già noti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). E’ l’intero sistema economico, basato sul paradigma deficit pubblico / crescita del Pil ad andare in frantumi. Nel simposio di fine agosto a Lindau (Germania) e San Gallo (Svizzera), i diciotto premi Nobel per l’Economia che hanno discusso sulle sorti dell’attuale capitalismo hanno annunciato la necessità di piani di austerity negli Usa e in Europa, raccomandando in particolare misure draconiane (draconian methods) per risanare i conti pubblici della Grecia. In Europa la situazione è stata definita "molto pericolosa", al punto da poter "mandare in malora" la moneta unica, parole usate da Robert Mundell.

La globalizzazione ha deindustrializzato i Paesi ad alto costo di manodopera, generando masse di disoccupati o sotto-occupati che non sostengono più, con i loro consumi, la domanda interna. La stagnazione in cui stanno ricadendo gli Usa e alcuni paesi europei non potrà essere combattuta incrementando il credito al consumo, né attingendo alle casse pubbliche. Perché gli interessi, anche se i tassi sono molto bassi, sono un costo non più sostenibile.

L’Italia brilla per il suo debito statale al 120% del Pil, ma altri Paesi europei presentano una situazione esplosiva sul fronte dei singoli cittadini: lo stock del debito privato inglese è al 100% del Pil, valore che scende al 60% per i tedeschi, al 50% per i francesi, mentre gli italiani, finora più virtuosi, sono al 39%. Il peso degli interessi inizia a farsi sentire sul bilancio familiare, riducendo i consumi.

In uno scenario globale così preoccupante, è assai difficile affannarsi a difendere i "diritti acquisiti", organizzare "scioperi generali" ed opporsi a qualsiasi forma di riduzione della spesa pubblica. Serve responsabilità, da parte di tutti, anche perché la Bce ha chiesto espressamente il pareggio di bilancio quale contropartita per continuare a sostenere con acquisti le quotazioni dei titoli pubblici italiani.

Gli europei, i tedeschi in particolare, non hanno alcuna intenzione di impiegare risorse per mantenere gli sprechi italiani e nella prossima riunione della Bce, il prossimo 8 settembre, la situazione di Spagna ed Italia saranno analizzate con severità. La Spagna, con misure bipartisan, ha dato prova di impegno, sia inserendo il pareggio di bilancio come vincolo costituzionale, sia accettando addirittura di trarre risorse dagli stipendi dei dipendenti pubblici, pur di onorare i debiti.

In Italia, invece, le proteste di ogni categoria che è stata anche solo sfiorata da ipotesi di tagli sono state forti ed hanno avuto soddisfazione: nessun accorpamento delle province più piccole, né dei comuni con poche centinaia di abitanti. No a tagli lineari, perché bisogna distinguere le singole spese: e quando lo si fa, di andare ad individuare le voci di bilancio fuori controllo, si grida alla distruzione della cultura, o della scuola, o dei servizi sociali. Solo un generico (perché non supportato da adeguate misure) impegno a contrastare l’evasione fiscale. Troppo poco per la Bce e per i paesi Europei più virtuosi, che dovrebbero pagare il conto dei nostri sperperi.

L’Italia deve cambiare: la responsabilità deve ispirare le azioni dei nostri politici, come fecero in tempi ben più difficili i governi del dopoguerra; Ora invece emergono troppo frequenti episodi di arricchimento personale e gestione clientelare della res publica. E devono rendersi conto che il mondo è cambiato anche i cittadini, che pretendono dallo Stato ciò che esso non può più dare: uno stipendio fisso, anche sotto forma di assegno per invalidità "presunta", la pensione prima dei 60 anni, scuola e sanità gratuite al 100%.

E ipotesi quali la richiesta che venga cancellato il debito dell’Italia e dell’Europa, avanzata da militanti sindacali Usb e rappresentanti dei "collettivi dei precari" dovrebbero essere illustrate dai media per ciò che sono realmente: azzeramento del valore dei BOT e CCT, con conseguente truffa ai danni dei piccoli risparmiatori (ridotti in miseria) e banche (portate al fallimento).

Francesco Chiappetta
Il prof. Francesco Chiappetta, manager d'azienda, è stato docente universitario di vari atenei. Ha profonda esperienza comprovata da incarichi importanti in azienda leader nel settore delle telecomunicazioni. La sua esperienza diversificata ha l’obiettivo di fornire consulenza direzionale, innovativa e approfondita. E' iscritto all'albo dei giornalisti dal 2005, successivamente nel 2007 pone un’iniziativa editoriale, per la società Si -ies, fondando Sentieri Digitali E-magazine di creatività e tecnologia per la comunicazione d’impresa. L’obiettivo di Sentieri Digitali è dedicato alla Comunicazione d’impresa in senso lato: ovvero dalle grandi imprese alle pmi e gli artigiani, dai professionisti alle PA, dal Marketing agli obblighi d’informazione per le società quotate. L’intero contesto dell’e-magazine è incentrato sui passi evolutivi della trasformazione digitale.

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