La tragedia di Casal Palocco ha colpito le coscienze di tutti in particolar modo per la giovane età della vittima, che rende ancora più palese lo squilibrio tra l’imprudenza dei protagonisti e la tragedia che ha colpito un bimbo di soli cinque anni.
Ma non sono solo i quattro giovani youtuber i colpevoli della vicenda. Loro sono il punto terminale di una filiera di responsabilità che ha coinvolto imprese (anche multinazionali), colossi del web, grande pubblico.
Il web, dal punto di vista pubblicitario, è intrappolato in un cieco automatismo che monetizza i contatti senza alcuna forma di controllo sui contenuti. Non potrebbe essere diversamente, a prima vista, stante la quantità incommensurabile di contenuti presenti sulle piattaforme e l’impossibilità di porre regole nazionali su imprese che operano a livello mondiale, a meno di non essere la Cina, ma non stiamo auspicando derive autoritarie nelle legislazioni locali.
I meccanismi di cancellazione di contenuti “critici”, siano essi violenza, casi di revenge porn, fake news o altro, sono un costo per le piattaforme di condivisione, e quindi la tendenza è non provvedere se non dopo una intimazione giudiziaria. Anche perché sono i contenuti più controversi ad attrarre visitatori: il che significa guadagni per la piattaforma, sotto forma di introiti pubblicitari, perché le aziende investono il loro denaro per avere contatti, senza occuparsi dei contenuti.
Dinanzi al denaro, tutto il resto va in secondo piano: ed ecco quindi che quattro giovani compiono le loro gesta guadagnando duecentomila euro l’anno da pubblicità, sponsorizzazioni e altri introiti provenienti non da aziende di dubbia etica e scarsa morale, ma da leader mondiali del loro mercato. I nomi che sono trapelati nelle cronache di questi giorni narrano di aziende che sono fuggite via rapidamente, ma senza una dichiarazione da cui emergesse una presa di coscienza riguardo una gestione della comunicazione d’impresa che deve assolutamente recuperare i concetti base della convivenza civile, dell’attenzione al rispetto delle regole, del rispetto delle persone.
Stupisce, che in un’epoca che mette in risalto al responsabilità sociale d’impresa, riguardo a temi globali quali il clima, l’inclusione, la trasparenza, non vi sia stato alcun controllo sui contenuti di un canale che aveva decine di milioni di visualizzazioni, nemmeno da parte di chi ci investiva una parte del proprio budget pubblicitario.