Il nostro Paese ha scoperto che si può lavorare da casa. Il sottoscritto ha fatto uno studio per la Presidenza del Consiglio diversi anni fa proprio sul “telelavoro” ma non ha avuto il successo che si desiderava. Il provvedimento emanato dal Presidente Conte, legato al coronavirus, per lo Smart working, ha riscoperto il tema sentendolo di estrema attualità. Lo scopo delle misure di contenimento del contagio (contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8 marzo 2020) è quello di evitare e limitare il più possibile all’interno del nostro Paese (i territori individuati) gli spostamenti delle persone e le occasioni di contatto tra le medesime. Siamo in presenza di un diritto costituzionale alla salute. Costituzionalisti e giuristi si diletteranno fra qualche tempo a rappresentare il provvedimento: se è giuridicamente percorribile o meno. Per esempio, capire la valenza giuridica di “comprovate esigenze lavorative” che consentono di limitare gli spostamenti.
È buona norma che le disposizioni vadano lette nel loro insieme. Il decreto raccomanda a tutti di fruire delle ferie. Oggi le restrizioni iniziali hanno la massima valenza. Ricorrere allo Smart working fino a tutto il periodo dell’emergenza. La situazione d’emergenza e la collocazione “in ferie” non richiede il consenso del lavoratore, che pertanto non può rifiutare. Anche l’adozione dello Smart working, laddove possibile, diventa una soluzione pressochè obbligata. Per garantire la continuità produttiva e organizzativa dell’impresa “al netto” dello Smart working e delle ferie.
Un lavoratore che aspetta le ferie meritate è costretto a consumarle in virtù del coronavirus creando notevoli danni sia economici e sia di limitazioni non volute dal lavoratore che, per via del virus, è soggetto passivo due volte. Quando si scelgono le strade non chiare e del compromesso, non possiamo sperare di capire il contenuto del DPCM di Conte in maniera leggibile e comprensibile per tutti. La strada sarà quella di un ulteriore contenzioso di cui potevamo farne a meno. Gli uffici legislativi dove sono? Pensate al tribunale ordinario di Roma in data 10/03/2020: “dispongono con decorrenza immediata e fino al 22/03/2020, la chiusura di alcuni uffici dislocati degli edifici di Piazzale Clodio a Roma, afferenti all’area penale e a quella amministrativa che non erogano servizi urgenti, è disposta la chiusura al pubblico ai seguenti uffici: recupero crediti; spese di giustizia; ufficio acquisti; il tribunale è aperto al pubblico dalle ore 9 alle ore 12 (sono le ore in cui il coronavirus è assente?)