Passi avanti per predire e rallentare

Perdita di memoria e disorientamento, sono queste le conseguenze del morbo di Alzheimer che colpisce sempre più persone. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la malattia uccide nel mondo circa 47 milioni di persone. Il disorientamento è una delle prime fasi che scandisce la malattia dopo la diagnosi e da quel momento diventa una biglia su un piano inclinato: inarrestabile. Forse però non propriamente così, fortunatamente, e c’è un modo per rallentare il decorso o comunque cercare di far sentire “indipendente” la persona affetta dal morbo il più a lungo possibile. Ancora una volta è la tecnologia a salire sul palcoscenico: con l’intelligenza artificiale.
 
È stato implementato una chatbot di Messenger e si chiama “Chat Yourself”, un sistema di assistenza virtuale che consente di chattare con sé stessi per ricordarsi le cose da fare, le parole, altre informazioni come ad esempio i nomi, i contatti. Certo si tratta di un palliativo, per così dire, ma può essere un aiuto efficace non solo per la persona stessa ma anche per chi la circonda e la assiste in questo percorso. I danni possono essere limitati, specialmente se rilevata subito la diagnosi, ma di certo non sarà un sistema che distruggerà l’Alzheimer bensì un modo nuovo di vivere la malattia, visto che l’impatto che ha sulla qualità della vita è tra i più violenti e preponderanti. Chat Yourself prova a rendere più sopportabile tale impatto.
 
Ma oltre ai sistemi di Applicazioni, ci sono progetti, studi e ricerche sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale per fare in modo che possa prevedere il declino cognitivo in questione nell’arco dei due anni successivi o addirittura da 6 a 24 mesi attraverso l’analisi di una banca dati di circa 1700 pazienti affetti dalla malattia. Si tratta dell’“Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative” (Adni), che consente di fare dei pronostici importanti che potrebbero contribuire alla riduzione dei costi sulle sperimentazioni e consentire un più facile impiego di test su larga scala.
 
Alcuni ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis hanno implementato un test che si basa sul prelievo del sangue ed è risultato che con una percentuale del 94% di precisione, si è in grado di fare ipotesi predittive su chi, purtroppo, si ammalerà negli anni avvenire di Alzheimer. L’analisi, che avviene appunto attraverso il prelievo del sangue, utilizza la spettrometria di massa che consente di misurare la quantità della proteina beta-amiloide, presente nel sangue, essendo quella la proteina che si ammassa nell’encefalo, scorrendo e distruggendo le sinapsi delle persone.
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