La Sanità e le sfide del PNRR

Nella giornata di ieri abbiamo avuto modo di partecipare all’Healthcare Summit, evento organizzato dal Sole 24 Ore dal titolo “Trasformare la sanità italiana: la sfida dei prossimi anni”. La convention, giunta alla decima edizione, ha visto la partecipazione dei principali esperti, istituzioni e stakeholders del settore sanitario; ospiti di rilievo, tra gli altri, il Ministro della Salute Roberto Speranza, il coordinatore degli Assessori alla Sanità Raffaele Donini e il Presidente dell’ISS Silvio Brusaferro.
Temi al centro dei lavori sono stati le risorse introdotte dal PNRR per il comparto sanitario, circa 20 miliardi da spendere da qui a cinque anni e la ricerca per una medicina predittiva, preventiva e personalizzata.

La lotta alla pandemia deve essere coadiuvata dalla messa in atto della sanità del futuro al fine di costruire un Sistema Sanitario più forte e vicino ai bisogni dei cittadini: questa la sintesi dell’intervento del ministro Speranza, il quale esprime fiducia per la corretta gestione dei fondi europei e per il rispetto delle tempistiche stabilite.
Ma la realtà è molto più complessa di quanto possa sembrare e come ha ricordato Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti, l’arrivo di questa liquidità non deve illuderci soprattutto considerando la scarsa capacità del nostro Paese nell’utilizzo dei fondi europei.

Il ruolo delle autonomie locali risulta essere critico, specialmente se si guardano alle ormai note differenze tra Nord e Sud. In particolare, la Tavola Rotonda di confronto (a cui hanno preso parte anche rappresentanti dell’industria farmaceutica) ha evidenziato la necessità per le Regioni di semplificazioni e di un’adeguata cabina di regia per il monitoraggio del corretto impiego delle risorse. Questo al fine di rispettare le strette tempistiche dettate dal Piano e di evitare che alcune aree del Paese procedano a velocità diverse rispetto ad altre per l’utilizzo dei fondi.

Altri temi su cui concentrare l’attenzione, e di conseguenza gli investimenti, sono la formazione e il capitale umano quindi la creazione di rapporti di lavoro stabili per il personale, in particolare rafforzando le borse di studio per gli specializzandi. Inoltre, senza un’equa ripartizione del peso della pandemia tra amministrazioni centrali e locali si rischia, come nota Donini, che le risorse introdotte più che andare a finanziare iniziative innovative come la telemedicina, vadano a occupare i piani di rientro di bilancio.

La discussione si è poi spostata sulla riorganizzazione del modello sanitario secondo il paradigma della prossimità al paziente: il PNRR prevede infatti il rafforzamento delle cure sul territorio, andando a istituire delle strutture di primo contatto coi pazienti con sedi visibili e facilmente accessibili per la comunità di riferimento. In particolare, si prevede di realizzare 1288 case di comunità entro il 2026, utilizzando sia strutture già esistenti sia nuove. Come tutti i progetti strutturali il rischio sta sempre nella loro attuazione: se si sceglie definitivamente il domicilio del cittadino quale setting preferenziale dell’assistenza bisogna, per evitare di generare delle “cattedrali nel deserto”, investire sul personale creando rapporti di lavoro stabili.

Della stessa idea è il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il quale pone l’accento anche sul ruolo fondamentale svolto dai dipartimenti di prevenzione. Mentre per rinnovare il ruolo del medico di famiglia, travolto dalla pandemia, il presidente della Società di Medicina generale Claudio Cricelli propone «una Conferenza delle cure primarie e del territorio a cui partecipino tutti gli stakeholder, dai sindacati alle istituzioni, dalle associazioni di pazienti agli imprenditori».

L’espressione molto utilizzata in occasione della ricostruzione del Ponte Morandi ossia “rendere ordinario quello che è straordinario” viene vista come filo conduttore per l’utilizzazione dei fondi del PNRR: tutte le strutture che si andranno a realizzare, in esse comprese sia le case di comunità che i sistemi di raccordo paziente/medico vanno concepite come adattabili ai vari contesti territoriali e alle nuove tecnologie con cui il mondo sanitario deve necessariamente confrontarsi. Esempi in questo senso di iniziative di dialogo sono state fornite da alcune realtà farmaceutiche, come Bristol Myers Squibb, un’azienda che ha creato una piattaforma in cui pazienti e medici possono confrontarsi al fine di trovare la sperimentazione più adatta per la cura delle patologie.

Come intuibile, per lo sviluppo di tali piattaforme oltre che della cosiddetta “medicina di precisione” o “personalizzata” (ossia l’individuazione puntuale di farmaci per contrastare specifiche forme di malattia), i big data sono strumenti di primaria importanza: si rende dunque necessario un adattamento delle infrastrutture tecnologiche anche al di fuori dei grandi centri urbani, sempre in ottica di rendere il Sistema Sanitario quanto più vicino al cittadino.

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