ISIS e Al Qaeda: la competizione fra le organizzazioni del terrore

Siamo in guerra, ma contro chi? Contro l’Islam? Contro il terrorismo? Contro una organizzazione terroristica? Se sì, quale? Al Qaeda? ISIS? Quali sono le analogie e quali le differenze?

Sicuramente quello in corso è un epocale scontro di civiltà, quella occidentale che si divide in modo più che mai netto ed evidente da quella orientale. Uno scontro in cui possiamo delineare appunto un Occidente democratico (in linea di massima) e liberale che si oppone a quell’Oriente tirannico nonché oscurantista. Per altri, invece, lo scontro è circoscritto: siamo in guerra, ma soltanto in opposizione a quelle organizzazioni terroristiche che hanno attaccato i nostri paesi. Ecco che, per chiarire l’identità a molti non chiara di quest’ultime, torna utile trovare una risposta alle domande poste all’inizio di questo discorso.

ISIS ed Al Qaeda vengono spesso associati e confusi, quando in realtà sono due organizzazioni molto diverse e, per certi versi, in competizione tra loro. Tant’è vero che, circa due anni fa, proprio nelle aree che ora sono in possesso dei jihadisti, nonché in Siria, è avvenuta la scissione tra ISIS e Al Qaeda, dopo che l’ISIS era stato per diversi anni il gruppo affiliato a quest’ultimo il quale agiva bellicosamente in Iraq (allora si chiamava AQI, Al Qaeda in Iraq). La scissione definitiva è arrivata dopo una serie di disaccordi per le rivalità tra i leader e in parte per le divisioni sui metodi e strategie da adottare. Pertanto le prime differenze in questione riguardano l’ambito amministrativo e l’ambito militare. Innanzitutto Al Qaeda non ha mai avuto il controllo su un determinato territorio: la creazione di quest’ultimo è vista come un qualcosa di molto distante nel tempo. Ed allora l’Afghanistan? Non è certamente un mistero che questo territorio ha rappresentato una base militare negli anni del regime talebano, ma il leader del movimento estremista islamico in questione, Osama Bin Laden, non ha mai avuto un ruolo politico, se così si può definire, durante la dittatura talebana a Kabul.

In modo nettamente trasversale, invece, si pone l’ISIS, il cui nome Stato Islamico dell’Iraq e al-Sham, ne incarna da subito lo scopo: governare attraverso il terrore le varie zone della Siria e dell’Iraq, sottoponendo ad un diretto controllo militare e fiscale la popolazione di quelle zone. Inoltre è presente un vero e proprio leader politico, meglio noto con il nome di Abu Bakr al Baghdadi.  

E non si tratta certo di un dettaglio facilmente trascurabile.

Tale organizzazione, dunque, porta necessariamente ad un diverso modo d’agire. Per quest’ultimo, essendo il califfato una realtà vera e propria, è dovere di ogni vero (o meglio “vero”) mussulmano difendere il proprio territorio. Ciò porta in modo esponenziale alla creazione di un esercito regolare, che combatte in modo tradizionale, con soldati che vengono stipendiati come nel resto del mondo (l’attrazione economica è spesso l’ago della bilancia per l’arruolamento). La strategia di Al Qaeda è, semplificando leggermente il discorso, quella di compiere attacchi terroristici più o meno gravi da spingere gli Stati Uniti (rappresentanti insieme alla NATO della fazione occidentale) ad intervenire nei paesi arabi, all’interno dei quali sono già presenti per noti motivi economici, generando un clima di sottomissione e portando la repressione ad un livello intollerabile per la popolazione autoctona. In questo modo i qaidisti hanno  l’obiettivo, seppur non dichiarato, di provocare un’insurrezione generale dei musulmani che porterà, giunto il momento propizio affinché ci sia la giusta unità nel mondo islamico, alla creazione di uno stato arabo unitario.

In tutto ciò si trova comunque un punto comune, ovvero la modalità con la quale bisogna attaccare l’Occidente. Le strutture terroristiche di entrambe le fazioni hanno nei territori occidentali “cellule” appunto terroristiche. Anche su questo lato, però, ci sono delle differenze di fondo: Abu Bakr al Baghdadi ha chiesto esplicitamente ai mussulmani di ribellarsi ai governi nazionali ai quali sono sottoposti in favore dell’annessione allo Stato Islamico, al contrario di qualsiasi altro, precedente o attuale, capo di Al Qaeda. Per giunta Osama Bin Laden, che di carisma ne possedeva alquanto, non era riuscito a spingersi così in là. Carisma, se non imprudenza (se mai ne avessero bisogno): rendere pubblico un obiettivo ne facilita la prevenzione, la risposta. O perlomeno così dovrebbe essere, caro Occidente.

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