I NPL e l’economia del nostro Paese

Oggigiorno si sente spesso parlare di crediti deteriorati (NPL) o Non performing loans, ma cosa sono realmente?

La scarsa conoscenza sull’argomento dipende dalla poca importanza che il Governo da alla corretta informazione del cittadino.

È opportuno perciò cercare di chiarire cosa sono, quali sono le cause del Non performing loans e perché vengono considerati una minaccia per il sistema bancario italiano, che detiene una quantità di crediti deteriorati tre volte superiore alla media europea, fattore che incide negativamente sulla stabilità economica italiana.

I crediti deteriorati sono crediti delle banche, quali mutui, finanziamenti e prestiti, la cui riscossione è incerta, sia in termini di rispetto delle scadenze che per l’ammontare dell’esposizione di capitali.

In attuazione del Regolamento UE 227/2015, la Banca d’Italia ha pensato ad una nuova classificazione di detti crediti, andando ad abrogare le nozioni di crediti incagliati e crediti ristrutturati. Si ha, pertanto, la seguente categorizzazione: esposizione scadute e/o sconfinanti deteriorate, inadempienze probabili, sofferenze.

A marzo 2017, la Banca Centrale Europea ha emesso le Linee guida sui crediti deteriorati, istituendo un quadro d’azione armonizzato a livello europeo in ambito di gestione dei crediti deteriorati, al fine di ridurre gli NPL all’interno dei bilanci bancari con enormi benefici all’intero assetto economico.

Banca d’Italia, in coerenza delle linee guida della BCE, ha pubblicato le “Linee Guida per le Less Significant Institution italiane (LSI), con cui ha identificato l’insieme delle prassi da seguire per una corretta gestione e trattamento dei NPL.

Il totale dei “Non performing loans”, secondo le recenti stime del Fondo Monetario Internazionale, gli istituti italiani hanno raggiunto 350 miliardi di crediti deteriorati, circa un terzo del totale del sistema europeo.

Tali crediti abbassano la redditività e intaccano il capitale delle banche che, per riuscire a rispettare i vincoli sempre più stringenti di solidità patrimoniale, sono costretti ad aumenti di capitale estremamente penalizzanti per i vecchi azionisti.

Essi hanno un valore di recupero superiore allo zero e cercare di azzerarli in tempi brevi rischierebbe di ridurre la capacità di recupero e la forza contrattuale delle banche, forse a favore di operatori specializzati, come fondi prevalentemente non italiani e di società di recupero crediti, riducendo la redditività del settore.

Il rapporto tra crediti deteriorati (NPL) ed il patrimonio netto tangibile delle banche consente di valutare le reali capacità della banca di far fronte ad un’eventuale perdita dei crediti a rischio (TEXAS RATIO):

“se ratio < 100, la banca resiste anche in caso di perdita totale di tutti i crediti”.

La prontezza di un istituto a rispondere ad un potenziale stato di crisi è calcolabile tramite il rapporto tra il valore degli immobili ed il patrimonio netto; in caso di crisi le banche potrebbero essere costrette a liquidare gli immobili a condizioni e prezzi ben diversi da quelli espressi in bilancio.

Anche le compagnie assicurative, a tal proposito, dovranno valutare eventuali piani d’azione, anche se parlare di sottoscrizione dei titoli delle cartolarizzazione di NPL sembra essere ancora presto.

 

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