Il Recovery Plan è il tema cardine di questi giorni, ma pochi sono a conoscenza, effettivamente, del contenuto; è un po’ come quando si parla di “Bond da acquistare”, piuttosto che di “debiti da acquistare”, perché altrimenti suona male.
Next Generation UE
Per far ripartire l’economia dell’Europa dopo la pandemia da coronavirus, lo scorso luglio, l’UE ha approvato il “Next generation UE”, in Italia conosciuto come “Recovery Fund” o meglio: fondo per la ripresa per il triennio 2021-2023 con titoli di stato europei. Tali titoli di stato europei, meglio detti anche “Recovery Bond”, saranno necessari a sostenere progetti di riforma strutturali. Lo stanziamento complessivo e di 750 miliardi di euro da ripartire ai paesi dell’Unione Europea. Per ottenere gli aiuti dalla Commissione Europea, tutti i paesi membri dovranno presentare i propri “Recovery Plan” entro aprile 2021. Noi in Italia lo abbiamo denominato “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”, cosa fare? In primis riforma fiscale e riforma IRPEF, poi digitalizzazione, transizione verde e inclusione sociale, con tre elementi di spicco trasversali su cui il governo punta: donne, giovani e sud.
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
L’Europa nella ripartizione dei soldi ha assegnato all’Italia 209 miliardi, di cui 127 di prestiti e 82 a fondo perduto. Il PNRR è composto da sei missioni:
1. Digitalizzazione, innovazione e competitività;
2. Rivoluzione verde;
3. Mobilità e telecomunicazione;
4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
5. Equità sociale, di genere e territoriale.
6. Sanità.
Gli obiettivi sono diversi, tra cui “on topic”: riduzione dell’impatto sociale ed economico; aumento degli investimenti pubblici, ricerca e sviluppo; tasso di occupazione al 73,2%; indicatori di benessere, aspettativa di vita, tasso di natalità; scuole e giovani, aumentare la quota di diplomati e laureati; sicurezza e resilienza.
Il nostro Paese
Quanto descritto lo abbiamo letto fino alla noia, sarà la volta buona per il nostro Paese? Ogni giorno c’è un’enunciazione, il problema è che nella gente possa generarsi ancora sconforto. In questi casi bisogna avere solo che fiducia, non bisogna sorprendere se l’Italia conia nomi nuovi rispetto al resto dell’Europa. Ciò non significa che non crediamo ad una Europa unita, è solo in questa circostanza per distinguerci.