Non mettete la bandiera del Belgio: non siamo tutti belgi oggi, né lo eravamo prima dell’attentato, né lo saremo mai. Provate piuttosto, invece di identificarvi con qualche simbolo di poco conto, a non sentirvi estranei alla vicenda. Perché sì, non siamo affatto estranei da tutto ciò. L’attacco, oggi come i precedenti e come quelli che molto probabilmente continueranno ad esserci, è andato dritto al cuore di noi europei. Europei non in quanto sottoposti ad un’Unione o a Schengen, ma europei perché figli di una cultura, di uno sviluppo, di un processo storico comune. Non europei perché lo dice una bandiera con le stelline su sfondo blu. Io non sto parlando di politica, sia chiaro: il discorso non mira alla diatriba “Europa sì, Europa no”, non è quello il messaggio che su una bacheca di Facebook voglio lasciar passare. Voglio dire che i morti CASUALI di oggi, non a Raqqa, ma nella città momentaneamente, almeno in teoria, più blindata d’Europa, sono il frutto di ragionamenti che con la mentalità occidentale, europea, non c’entrano niente. E la cosa più preoccupante, aggiungo, è che il delirio esibizionistico che porta molti volti noti in giacca e cravatta ad affermare “non facciamoli più entrare” come soluzione si rivela, da un lato purtroppo, del tutto privo di senso. Infatti, a noi europei privi di memoria e di orgoglio culturale, sfugge (e ci infastidisce ammetterlo) che il nemico di oggi è nato nei nostri ospedali, ha studiato nelle nostre scuole, facendo finta di condividere la nostra cultura che noi stessi disprezziamo ogni giorno. Il terrorismo, lo dico forte, non è islamico, ma europeo, con il passaporto europeo in tasca e con la residenza europea. Si tratta di un terrorismo di non-immigrati, da più di due generazioni, che poco ha a che fare con lo smercio di vite umane al largo delle nostre coste. La lotta al terrorismo l’Europa l’ha già fatta nel suo passato e l’ha già vinta. La semplice democrazia, così come la nazionalità di ognuno di noi, non è di per sé una pozione magica contro il terrorismo stesso: bisogna riconoscerne con onestà intellettuale la sua natura per vincerlo.
Dunque, piuttosto che sprecar fiato e far populismo, o criticare chi lo fa, sull’allarme frontiere, sarebbe bene tornare alle motivazioni originali della creazione dell’Europa riguardanti la concezione del cittadino europeo, che sicuramente non si basa sul fatto di poter girare negli stati dell’Unione solamente con la propria carta d’identità. Questa concezione si basa piuttosto sul fatto che, ripeto, siamo portatori di un bagaglio e di un’evoluzione culturale comune, frutto di un processo comune.
Ergo, carissimi capi di tutti gli Stati continentali, piuttosto che pensare a costruire muri (attenzione, non sto dicendo che sia giusto o sbagliato, sto solamente sottolineando delle priorità), iniziate a combattere il terrorismo endogeno, che è estraneo alla cultura europea, occupandovi con serietà delle banlieu, scendendo nelle periferie: l’Europa, in quanto tale, è il contorno dei suoi cittadini e, la moderazione tanto auspicata, deve essere data dal contorno stesso. Se il contorno continuerà a mancare, lo stesso avverrà con la moderazione. Amen.