Le nostre scelte sono veicolate in gran parte dai mezzi di comunicazione di cui non possiamo fare a meno. Radio, televisione, Internet, social, sono tutti strumenti che ci consentono di vivere, ad esempio, un atterraggio sulla luna o discorsi epocali direttamente e comodamente dalle nostre abitazioni. Non solo, oltre ad essere sempre aggiornati, riusciamo a farci comprare qualsiasi cosa da un anonimo ragazzo/a che provvederà a procurarci la pizza, delle sigarette o un pacco, semplicemente premendo “Invia”.
Tutto all’insegna dell’avanguardia e la vita è stata semplificata di gran lunga. Ma anche il linguaggio. In particolare, il linguaggio politico in sé e per sé. Le forme di comunicazione hanno subìto una evoluzione molto rilevante con il passare del tempo e, con l’avvento di nuovi supporti tecnologici, sono migliorate anche le prestazioni: rapidità di notizie, diversità di notizie a seconda delle tematiche- locali, nazionali, mondiali- abbandonando quasi del tutto i mezzi tradizionali di comunicazione.
Ma oltre agli strumenti anche il linguaggio si è modificato, e non poco. C’è stato un sabotaggio della terminologia e dell’esposizione di un discorso in maniera consona e pertinente al contesto in cui ci si trova. È un linguaggio estremamente sintetico, breve e frammentato che si traduce in slogan e spesso non lascia spazio all’interpretazione ma lo si riporta così com’è, senza approfondirne il significato. Figure che ricoprono importanti ruoli sulla scena nazionale ed internazionale che si preoccupano di apparire continuamente attraverso i nuovi social e tutti gli strumenti innovativi della comunicazione digitale.
Anche le manifestazioni nascono sui social, così come i movimenti e/o partiti. Siamo dinanzi alla nascita della cd. web-society legata allo sviluppo dell’Information Communication Technology, che riunisce milioni di persone su un’unica piattaforma tanto da “radunarsi” e parlarsi dietro uno schermo anche a chilometri di distanza. È senza dubbio un progresso che ha portato altresì la nascita di nuove culture, ha letteralmente sfondato la barriera dell’informazione tradizionale rendendo la rete uno straordinario canale mediatico. Ma mi chiedo se sia però necessario che anche i politici utilizzino in modo così convulso i social e, a volte, anche inappropriatamente. Non si sa se mutano l’archetipo della partecipazione politica oppure la riproducono con mezzi nuovi aiutando tutti a partecipare attivamente. È un dilemma al quale sarà difficile dare risposta: a volte è positivo altre volte estremamente negativo. Tuttavia, se si riuscisse a farne un uso minore o perlomeno più sobrio e magari scrivendo ciò che già è stato portato a termine, e non decisioni in itinere che consentono di dare adito ai commenti più sordidi, forse si ristabilirebbe un clima dai toni più pacati.
Comunicare sì, ma attenzione.