Economia circolare, sostenibilità e riciclaggio dei rifiuti.
Il concetto di economia circolare ha radici profonde e non è riconducibile ad un autore o ad una data. Dagli anni 70 in avanti sono nate diverse teorie quale quella del “Cradle to Cradle”, una teoria elaborata da un architetto americano Bill Mc Donough e dal chimico Michael Braungart. Si tratta di una filosofia del design che considera tutti i materiali utilizzati nei processi industriali e commerciali dei nutrienti. Tali nutrienti possono essere tecnici o biologici. Il Cradle to Cradle non a caso considera il metabolismo biologico per regola e preserva processi naturali, un modello per lo sviluppo di un metabolismo tecnico, che consente il continuo riutilizzo del riciclo delle componenti dei nostri prodotti, proprio come se fossero nutrienti naturali.
Si parla di temi spinosi e anche difficili da affrontare. Il passaggio è da un’economia lineare “make-use-dispose” ad un’economia circolare, fatto di sviluppo sostenibile e di inclusione sociale. La circolarità riguarda prevalentemente i prodotti, le cose. In questo senso quindi vorrebbe dire passare da un’economia del consumo, basata sulla quantità, ad una economia del meglio, basata su qualità, efficienza e adattamento ai fini naturali. È evidente che si tratta anche di ripensare i processi produttivi ed i prodotti stessi in maniera tale che entrambi siano rispettosi dell’ambiente e delle persone e favorendo azioni più consapevoli e dunque sostenibili da parte dei consumatori.
In questo vengono in soccorso i Big Data
Quanto descritto arriva al concetto dell’eliminazione dello spreco e quindi favorire il riutilizzo e riciclo, massimizzando l’utilizzo di energie rinnovabili ed infine rispettando l’ambiente. Poi vi è la performance economy, una teoria dell’architetto svizzero Walter R. Stahel, fondatore e direttore del Werodocth life Insitute di Ginevra. Una non profit nata nel 1982. L’autore ha lavorato sull’argomento per sviluppare un approccio closed-look al processo produttivo, raggiungendo buoni risultati: maggiore estensione della vita del prodotto, prevenzione dello scarto ed attività per favorire il riutilizzo delle componenti dei prodotti stessi.
Numerose sono le teorie che pur avendo valenza scientifica hanno riscosso poco successo
Anche l’Europa ha prodotto diversi atti che riguardano l’argomento: “verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti COM (2014) 398”. Il contenuto riguardava una attenta analisi delle carenze del mercato e di tutte le barriere che ostacolano la transizione verso l’economia circolare, concentrandosi in particolare sul: ripensare e progettare i prodotti in ottica circolare, in modo tale da prevederne lo smaltimento e l’eventuale riutilizzo alla fine del ciclo di vita.
A tal proposito, sono necessari alcuni interventi che consentano alle imprese di investire in soluzioni innovative ed in secondo luogo che permettano il superamento delle barriere che non favoriscono un uso efficiente delle risorse. Bisogna puntare a favorire processi produttivi sostenibili e rispettosi dell’ambiente e delle persone lungo tutta la catena di valori dei prodotti in modo tale da coinvolgere all’unanimità gli attori economici: dai fornitori ai clienti finali. In particolare, le PMI ed i clienti che rappresentano i principali protagonisti del cambiamento e devono assumersi la responsabilità di prendere scelte attente e coerenti.
In compenso tali scelte devono essere premiate e incentivate dallo Stato che svolge un ruolo fondamentale nella produzione dell’economia digitale adottando misure di semplificazione e modernizzazione sulla legislazione dei rifiuti, stabilendo una strategia con obiettivi quantitativi in materia di riciclaggio.
Esistono proposte legislative di revisione degli obiettivi di riciclo e di altri obiettivi legati alla produzione dei rifiuti come ad esempio aumentare la percentuale di rifiuti urbani riutilizzati e riciclati portandola almeno al 70% entro il 2030; aumentare la percentuale dei rifiuti di imballaggio e riciclati portandola all’ 80% entro il 2030, con obiettivi intermedi di 60% entro quest’anno- 2020- e 70% entro il 2025.